Guida all'ascolto | Quartetto Werther

Teatro G. Verdi Trieste, Riva 3 Novembre 1, Trieste
Lunedì 18 marzo 2024, ore 20:30

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Gustav Mahler  (Kalischt 1860 - Vienna 1911) / Alfred Schnittke (Engels 1934 - Amburgo 1998)

Quartetto in la minore per pianoforte e archi

Richard Strauss (Monaco di Baviera 1864 - Garmisch Partenkirchen 1949)

Quartetto in Do minore op.13

NOTE DI SALA

È sempre utile e interessante spulciare fra le carte giovanili di autori famosi, soprattutto quando da grandi hanno fatto tutt’altre cose. Col senno di poi, magari si scoprono indizi sulla loro vera natura, ovvero segnali di vicoli ciechi presto abbandonati. Il programma di stasera ci porta i casi di Gustav Mahler e Richard Strauss, due autori fra loro contemporanei e che ben conosciamo per un percorso tanto lontano dalle loro prime esperienze. Entrambi mantennero un forte rapporto con il Lied, ma si concentrarono subito sulla grande orchestra. Mahler in modo esclusivo sulla sinfonia, Strauss sul poema sinfonico, presto integrato con il teatro d’opera.

Del giovane Mahler ci resta pochissimo, ancor meno di quanto ascolteremo stasera. Non ci sono schizzi di cose scritte in quanto allievo del conservatorio di Vienna. Tanto meno disponiamo di altri lavori sperimentali. Tutto perduto o distrutto non appena iniziata la vorticosa carriera di direttore d’orchestra e di teatro in città sempre più importanti negli imperi germanici e asburgici.  E non ci sono ripensamenti o deviazioni dall’impegno assoluto per la grande orchestra, con e senza voci. Sappiamo di progetti vocal-strumentali e teatrali non andanti a buon fine e comunque perduti. Medesimo destino hanno quintetti/quartetti di incerta natura, una sonata per pianoforte e per violino su cui abbiamo vaghi accenni in epistolari e in archivi di conservatorio. Finisce che la prima composizione completa del ventenne Mahler resta la pur pregevole cantata Das klagende Lied (1878-80) più volte revisionata e tuttora in repertorio, sulla scia della mai perduta popolarità delle sinfonie.

Così, l’unico lavoro per organico strumentale da camera di Mahler è un movimento singolo per pianoforte, violino, viola e violoncello indicato come Nicht zu schnell e scritto attorno al 1875, dunque a circa quindici anni, al tempo degli studi formali. Probabilmente era stato concepito come movimento iniziale di un classico quartetto in quattro movimenti. In tal senso vanno interpretati i pochi schizzi per un successivo (?) Scherzo che pure ci sono rimasti. Di sicuro sappiamo che quell’unico movimento fu eseguito per la prima volta il 10 luglio 1876 al conservatorio di Viena, con l’autore al pianoforte e colleghi di studio agli archi. Ci fu una replica nell’abitazione del chirurgo Theodor Billroth, storico amico di Brahms, e quindi una ripresa in pubblico, il 12 settembre dello stesso anno, a Iglau (Jihlava, in ceco), città natale di Mahler.

Dopo di che la partitura scompare. La recupera più di ottant’anni dopo la vedova Alma Mahler, è eseguita a New York nel 1964 da Peter Serkin assieme a componenti del Quartetto Galimir, finalmente stampata nel 1973. Sottoposta al doveroso esame da critici e biografi mahleriani, rivela interessanti analogie fra l’inciso che, nel Quartetto, emerge continuamente e un motivo del primo movimento della Sesta sinfonia accennato anche nella Quarta e nel Canto della terra. Sempre con il senno di poi, si può notare un certo respiro sinfonico sia nella scrittura martellante del pianoforte che in quella fra il lamentoso e l’appassionato (“sehr leidenscaftlich”) degli archi. Di sicuro emerge il principio tradizionale della forma sonata classica, con due gruppi tematici intrecciati secondo le regole accademiche del tempo e tributarie dell’esperienza, con il medesimo organico, del vate Brahms. Un improvviso passaggio in tonalità lontana dall’impianto in la minore serve da ponte nel passaggio dalla sezione centrale di sviluppo a quella finale di ripresa.

Accompagnava il manoscritto ritrovato uno schizzo di 24 battute per uno Scherzo in sol minore, non necessariamente destinato a far parte del medesimo lavoro. Nel 1988 Alfred Schnittke fu come abbagliato da quel frammento e ne fece una propria composizione, non ampia (meno di dieci minuti).  Un sussurro, frammento del frammento mahleriano, è citato all’inizio e ripreso ben diciassette volte in altrettante versioni differenti. Accentuando la carica espressiva (leidenschaflich) e ancor più il turbinare armonico della sezione centrale del precedente movimento compiuto (Nicht zu schnell) di Mahler. Infatti, Schnittke non ne fa uno Scherzo in senso tradizionale ma una serie di parafrasi esoteriche, in cui l’intuizione originale è come riproposta con suoni e lessici diversi, a loro volta mediati dalla consapevolezza del presente, oltre che di passato vicino e lontano. La tensione si accumula in un percorso enigmatico che scioglie, dopo una lunga pausa, nella citazione letterale del frammento di Mahler.

È una dimostrazione ulteriore della capacità narrativa che regge le maggiori composizioni di Schnittke, singolare autore di etnia tedesca, nato in Unione Sovietica, attivo come insegnante nel conservatorio di Mosca ma presto emarginato e infine esiliato ad Amburgo perché la sua tecnica polistilistica era troppo lontana dalle direttive ufficiali.

Anche la produzione non sinfonica e non teatrale di Richard Strauss è concentrata negli anni giovanili, prima del clamoroso successo del poema sinfonico Don Juan (1889). Qui però abbiamo una documentazione completa, ben conservata e catalogata, fin dai pezzi per pianoforte che il precocissimo Richard compose già all’età di sei anni. In seguito, e ben prima del Don Juan, compose per ogni genere allora in uso, vocale, sinfonico, da camera, anche d’ispirazione religiosa (Messa, 1877). Era merito ovviamente del suo talento innato, ma anche dell’ambiente familiare. Il padre suonava il corno nell’orchestra del teatro di Monaco di Baviera. La casa di famiglia ospitava musicisti e intellettuali, con frequente esecuzione di musica da camera. Ebbe subito buoni maestri di pianoforte e composizione. Il suo estro fu valorizzato da Hans von Bülow che lo volle come assistente e poi successore nella direzione dell’orchestra di Meiningen, considerata la migliore del tempo.

Non sorprende, dunque, che molte composizioni giovanili di Strauss siano tuttora in repertorio: le sonate per pianoforte solo op. 5 (1881), per violoncello op. 6 (1882) e per violino op. 18 (1888) con pianoforte, i concerti per violino op. 8 (1881) e per corno (1883), la Burleske per pianoforte e orchestra (1886), la Serenata per tredici fiati op.7 (1882). Accanto a tante raccolte di Lieder per voce e pianoforte, tanti altri lavori, in particolare Lieder. Il tutto sarebbe più che sufficiente per dare al ventenne Strauss un posto importante nella storia della musica.

Apre il nostro programma straussiano una raccolta di cinque pezzi indipendenti, composti fra il 18873e 1893 e adattati per l’uso domestico degli amici della famiglia Pschorr, assidui praticanti di musica da camera. Gli accostamenti sono gradevoli, concepiti come sono per bravi dilettanti e acculturati ascoltatori in ricche case private della Monaco di fine Ottocento. Anche lo stile bilancia il precocissimo Concertante (scritto nel 1875, a undici anni) con la militaresca Festmarsch (1886) e la piacevolissima oltre che celebrata Ständchen (1887). Pubblicati a parte, nel 1893, sono Arabischer Tanz e Liebeslidchen: il primo brano è ispirato da un soggiorno in Egitto, il secondo dal belcanto italiano ammirato in quel viaggio che, in musica, ha portato Strauss al primo capolavoro orchestrale, la bozzettistica fantasia sinfonica Aus Italien (1887). Poco si sa delle prime esecuzioni di questa suite, ripresa soltanto nel 1985 a Monaco di Baviera, con Wolfgang Sawallisch al pianoforte.

Diversa destinazione e diverso impegno compositivo ha il Quartetto con pianoforte op. 13.Non più scritto per esecuzioni amatoriali, ma musica che è da camera solo nell’organico e non nell’architettura, che invece è quasi sinfonica. Abbiamo i quattro movimenti tradizionali, organizzati secondo i principi accademici del secondo romanticismo tedesco. Lo stesso Strauss riconosce la forte impronta brahmsiana del lavoro, in particolare ai modelli dei quartetti op. 25 e op. 61 del maestro. La sequenza dei quattro movimenti prevede un elaborato Allegro iniziale impostato sul contrasto fra il secco gruppo tematico iniziale e il seguente più rilassato segmento melodico. Uno Scherzo assai più ampio del consueto serve da secondo movimento e le varianti su un’unica cantilena reggono l‘Andante. Le inquietudini del primo movimento tornano, amplificate, nel Finale.

L’impegno tecnico è importante per tutti gli esecutori, in particolare per il pianoforte alle prese con una scrittura massiccia, con accordi a piene mani, passaggi di agilità, salti sull’intera tastiera. Il tutto con un linguaggio armonico molto avanzato, ricco di modulazioni ardite e di note estranee alle tonalità d’impianto. C’è da dire, tuttavia, che questa scrittura si mantiene coerente con la tradizione tedesca, di Schumann e Brahms. Non recepisce ancora il cromatismo wagneriano che pochi mesi dopo verrà adottato nei poemi sinfonici Don Juan, Morte e trasfigurazione e seguenti. Quando, nell’inverno fra 1884 e 1885, Strauss scrisse questo lavoro, era ancora sotto l’influenza del padre, conservatore convinto, ammiratore di Mendelssohn e Schumann, indispettito dall’uso del corno cui era sottoposto, nell’orchestra di Monaco, dalle partiture operistiche di Wagner.

La prima esecuzione del Quartetto op. 13 avvenne l’8 dicembre 1885 a Weimar con Strauss al pianoforte. Successo buono, ma non clamoroso. La carriera di Strauss si stava indirizzando verso la composizione per orchestra e per teatro, mantenendo l’interesse per il Lied e lasciando da parte gli organici da camera.

Enzo Beacco

Curiosando

1878 È un anno incredibilmente prolifi co per la musica: le Danze Slave di Dvoak, il Concerto per violino in Re maggiore di Brahms, il Quartetto n.1 di Grieg e tanti altri capolavori. Edison inventa il fonografo, creando la prima registrazione sonora musicale della storia, ricuperata nel 2012, mentre Benz brevetta il motore a due tempi. Manet dipinge A le Café e Renoir La signora Charpentier ed i suoi bambini. La Remington 2 . la prima macchina da scrivere con le maiuscole, mentre Leone Tolstoi pubblica Anna Karenina. Carl Humann riporta alla luce l’antica Pergamo trovando il famosissimo Altare. Alla John Hopkins University apre la prima stamperia universitaria.

1887 Il Concerto Fantastico di Albeniz e la Sinfonia n. 8 di Bruckner hanno la loro prima esecuzione, insieme all’Otello di Verdi, accolto al Teatro alla Scala da un grande successo. Vincent van Gogh organizza la sua prima “personale” ed inizia a dipingere la serie de I Girasoli. Nasce Le Corbusier ed uno sconosciuto Arthur Conan Doyle pubblica la sua prima detective story, ma il mitico Sherlock Holmes non c’era ancora. La tranquilla Costa Azzurra viene devastata da un violento terremoto, disastro che si aggiunge alla inondazione del Fiume Giallo in Cina, la più grave registrata da millenni.

1893 Gustav Mahler si rifugia per la prima volta nella sua capanna estiva per comporre, nel Salzkammergut in Austria, mentre a New York va in scena la Sifnonia del Nuovo Mondo di Antonin Dvoř.k. In Giappone viene creata con successo la prima “coltivazione di perle”. Oscar Wilde mette in scena Una donna di nessuna importanza, una satira pungente sull’alta borghesia del suo tempo. A Salt Lake City i Mormoni inaugurano il loro grandioso tempio mentre in Egitto vengono ritrovati i Papiri di Abusir.

1885 Mentre a Vienna va in scena Lo Zingaro Barone di Johann Strauss figlio, a Londra debutta Mikado, di Gilbert & Sullivan, con uno strepitoso sucesso: a fi ne anno in Europa era in cartellone in 150 teatri. Grandi “prime” anche in medicina: Pasteur inventa il vaccino anti-rabbia, salvando un giovane ragazzo, e Grant esegue con successo la prima operazione di appendicite. Il mercante di Venezia di Shakespeare, tradotto in giapponese, è il primo capolavoro occidentale ad andare in scena ad Osaka, suscitando grande curiosità in un paese ancora grandemente chiuso. A Sarajevo entrano in servizio i tram, a quell’epoca trainati dai cavalli.