Anonimo (Sefardita)
“Nani nani” (XVI sec.) flauto e symphonia
GUIDA ALL'ASCOLTO CONCERTO N° 1478 | DOROTHEE OBERLINGER E SONATORI DE LA GIOIOSA MARCA
Antonio Vivaldi (Venezia 1678 - Vienna 1741)
Ouverture da "La Senna festeggiante“ per flauto, archi e basso continuo RV 693 (1726)
Allegro - Andante molto - Allegro molto
Nicolas Vallet (Corbeny 1583 circa - Amsterdam 1642 circa) / Jacob van Eyck (Heusden 1590 - Utrecht 1657) / Robert Jones (1577 ca. – 1617 ca.)
O Slaep zoute Slaep (inizio XVII sec.) per flauto, soprano ed archi
Jacob van Eyck (Heusden 1590 - Utrecht 1657)
Engels Nachtigaeltje (inizio XVII sec.) per flauto solo
Antonio Vivaldi (Venezia 1678 - Vienna 1741)
Concerto in Mi magg. "Il Riposo per il S. Natale" per flauto, archi e basso continuo RV 270 (1724)
Allegro - Adagio - Allegro
Fratre Gerardo (Venezia 1500)
"Altra nocte me insomniava" (1502) per flauto, soprano e viella
Antonio Vivaldi (Venezia 1678 - Vienna 1741)
Concerto in do minore per flauto diritto, archi e basso continuo, RV 441
Allegro non molto - Largo - (senza indicazione di tempo)
Antonio Vivaldi (Venezia 1678 - Vienna 1741) / Nicholas de Chédeville (Serez 1705 - Parigi 1782)
Pastorale (dalla "Sonata in La maggiore), (ex RV 59 ora Anh 95, 1737 ca.) per flauto, symphonia e basso continuo
Ridolfo Luigi Boccherini (Lucca 1743 - Madrid 1805)
La Ritirata (da "Musica notturna delle strade di Madrid"), per archi e chitarra, op. 30 n. 6 G324 (1780)
Maestoso
Antonio Vivaldi (Venezia 1678 - Vienna 1741)
Concerto in sol minore "La notte", per flauto traverso, archi e basso continuo, op. 10 n. 2, RV 439 (1728)
Largo - Fantasmi: Presto - Largo - Il sonno: Largo - Allegro
Theolonius Monk (Rocky Mount 1917 - Englewood 1982) / Luigi Mangiocavallo (Pesaro 1959)
Round Midnight (1944) (arrangiamento di Luigi Mangiocavallo)
NOTE DI SALA
L’ennesimo concerto di musica barocca? Sì, ma visto da una prospettiva diversa, stavolta: by night.
Troveremo qui musiche ispirate alla notte, ad idilli amorosi, a festose (e fastose) celebrazioni (Natale incluso), ai delicati momenti del riposo dei bimbi, alle inquietanti presenze notturne.
Ma questa congerie di elementi ruota attorno ad un perno costituito da Antonio Vivaldi: sue sono le composizioni che fungono da cornice a questo “paesaggio notturno” con figure. La prima delle quali, in apertura è una ninnananna sefardita, Nani, nani (conosciuta anche con il titolo La mujer engañada), che appare in un’antologia del XVI secolo compilata da Francisco de Salinas, l’organista cieco della cattedrale di Salamanca e grande amico del poeta Fray Luis de León. Si mette qui in scena un dialogo tra una donna e l’infedele marito che ritorna da una notte trascorsa con la propria amante: nel cantare al pargolino, la mamma narra i fatti e svela il profondo dolore che la pervade. L’origine di questa melodia è un’antica romanza d’origini ispanico-cristiane ma la melodia ha dei forti parallelismi con analoghe canzoni turche e greche, in una sorta di comunanza mediterranea che fa riflettere su quanto, ben prima che la tecnologia globalizzasse, l’essere umano fosse in realtà ben più che connesso con il resto del mondo.
A riprova di ciò, il secondo brano in programma, la Sinfonia per la serenata (per tre voci e strumenti) di Vivaldi La Senna Festeggiante, scritta in onore di Luigi XV, testimonia le strette relazioni diplomatiche e musicali fra Parigi e Venezia nel Settecento. Non ci si lasci ingannare dal termine “serenata” che indicava, nella civiltà musicale dell'età barocca, un componimento destinato ad esecuzioni all'aperto (l'etimologia deriva infatti da “sereno” e non da “sera”, come spesso si è creduto, data la prassi consolidata di esecuzioni dopo il tramonto). La sua funzione era generalmente celebrativa ed encomiastica, volta cioè ad integrare situazioni conviviali legate a qualche ricorrenza all'interno di famiglie altolocate (onomastici, compleanni, matrimoni e nascite). I libretti di queste “azioni teatrali” erano spesso basati su personaggi mitologici o allegorici, impersonati da cantanti in costume, spesso muniti di spartito (una via di mezzo tra la forma scenica e quella concertante). Essendo molto frequente la presenza di stranieri a Venezia, erano assai fiorenti le occasioni ricreative, spesso pensate per festeggiare famiglie reali, che coinvolgevano i vari membri delle famiglie degli ambasciatori, e a cui i veneziani potevano partecipare solo se muniti di una maschera (gli ordinamenti di polizia vietavano la promiscuità per evitare sedizioni).
È probabilmente all'interno di un simile contesto che vide la luce questo lavoro, il cui libretto suggerisce una connessione con la corte o l'ambasciata francese. Nel testo – redatto da Domenico Lalli (1679-1741), sotto il cui nome si celava in realtà il napoletano Sebastiano Biancardi riparato a Venezia in seguito ad un'accusa di furto – i personaggi dell'Età dell'Oro e della Virtù trovano conforto presso la Senna, e proprio la Senna li invita a celebrare la figura del re di Francia, Luigi XV. Molto simile al Concerto per archi RV 117, la Sinfonia danza leggiadra sull’acqua che unisce popoli e tradizioni, ore del giorno ed ore notturne.
Queste associazioni estrose informavano, in quel felice periodo creativo, anche i grandi centri culturali europei. E poteva così accadere che una melodia, come quella creata dal più prolifico liutista inglese, Robert Jones (che la intitolò Farewell dear love facendola divenire un successo dell’epoca, tanto che la si ritrova anche in Twelfth Night di Shakespeare), venisse elaborata da un autore franco-fiammingo, Nicolas Vallet, per poi essere nuovamente rielaborata da un altro compositore fiammingo, Jacob van Eyck, che la pubblicò nel suo fortunatissimo trattato, Der Fluyten Lust-hof (il giardino di delizie del flauto), una vasta raccolta di quasi 150 pezzi per flauto diritto (soprano) in cui troviamo, tra canzoni popolari, musiche per danza, musica sacra, salmi, ecc., anche queste variazioni su O Slaep, zoute slaep (O sonno, dolce sonno) e l’incantevole magia notturna dell’angelico canto dell’usignolo, Engels Nachtigaeltje.
L’atmosfera di calma rilassante che pervade quest’ultima melodia la si ritrova nel Concerto RV 270 «Il Riposo, per il Santo Natale», qui trascritto per flauto diritto piccolo: gli archi in sordina e senza cembalo suggeriscono un soffuso e scintillante paesaggio innevato cui segue la Barzelletta L’altra nocte me insomniava di un oscuro autore veneto, Fra Gerardo, che narra di un amante che sogna di trovarsi a letto con la sua bella cantando, assieme a lei, in duo, un notturno; ma al momento del risveglio tende la mano per sfiorarla e si accorge che il letto è vuoto e che lei l’ha abbandonato.
Il Concerto RV 441 che chiude la prima parte è uno dei due lavori scritti da Vivaldi per flauto diritto e orchestra. L'Allegro non molto di apertura associa felicità e mirabile tensione inventiva, fra accenti patetici e temerarie tensioni virtuosistiche con cui Vivaldi tratta il solista trasponendo al flauto rapide figure di arpeggio proprie della tecnica violinistica. Nel tenebroso notturno del Largo centrale il flauto stende la sua algida melodia prima che il finale (privo di indicazione di tempo) chiuda la partitura nel segno idiomatico del violino, con arpeggi che forzano il solista a un'estrema agilità.
La Sonata RV 59 che apre la seconda parte, venne pubblicata a Parigi nel 1743 in una raccolta, Il Pastor Fido, denominata come op. 13 di Vivaldi: il vero autore era invece Nicholas Chédeville, celebre oboista e virtuoso di ghironda (musette) parigino. Le sue composizioni erano destinate al divertimento e al piacere di benestanti musicisti dilettanti, di quell'aristocrazia che amava svagarsi suonando strumenti che richiamavano un'improbabile atmosfera pastorale e romantiche fantasie di vita contadina che la Rivoluzione, a breve, avrebbe spazzato via del tutto.
Nel 1737 Chédeville aveva sottoscritto un accordo segreto con Jean-Noël Marchand per pubblicare una raccolta di propri pezzi come op. 13 di Vivaldi, per l’appunto: fornì il denaro e ricevette i proventi, come attestato in un atto notarile di Marchand del 1748. Fu probabilmente un tentativo di dare al proprio strumento, la musette, la garanzia di un importante compositore. Il fulcro emozionale della Sonata è una Pastorale (brano tipico delle musiche natalizie) con vari episodi tra flauto, violoncello obbligato e ghironda.
La canzonetta Dormi, dormi, di Giovanni Battista da Gagliano, è una sorta di ninnananna al contrario, in cui l’amante si deve arrendere, suo malgrado, al pesante sonno dell’amata: in questo concerto viene eseguita “incastonata” tra inserti strumentali tratti dalla canzone a quattro La Lusignola, del coevo Tarquinio Merula. Entrambi musicisti assai raffinati ed attenti agli aspetti drammaturgici della musica strumentale, restituiscono quel colore tipicamente italiano e liricamente popolaresco che porterà alla piena definizione, nel secondo quarto del XVII secolo, del concetto di “aria” (ben distinta dal “recitativo”).
La Musica notturna delle strade di Madrid di Luigi Boccherini, qui nella versione per quintetto d’archi e chitarra, racconta con i suoni la vivace vita notturna delle strade madrilene. La “Ritirata” che chiude questa originale composizione rievoca il passaggio della pattuglia della guardia militare che annuncia il coprifuoco e interrompe la vita notturna della città.
Il Concerto RV 439 ci riconduce alla concezione dell'arte come imitazione della natura, vero e proprio cardine dell'estetica settecentesca, meno diffusa in Italia di quanto lo fosse in Germania. I compositori italiani prediligevano infatti le forme “pure”, prive cioè di significati o immagini extramusicali, mostrando una sostanziale indifferenza per la musica descrittiva. Vivaldi costituisce un'eccezione: il suo temperamento naturalmente drammatico, coltivato nelle opere per il teatro, lo spinse alla descrizione anche nel genere puramente strumentale. Il Concerto RV 439 è la rielaborazione preparata per l'op. 10 del Concerto da camera per flauto, due violini, fagotto e continuo RV 104 scritto nella medesima tonalità. Diversamente dagli altri due brani descrittivi presenti nella medesima raccolta – La Tempesta di Mare (il n. 1) e il Il Gardellino (n. 3) – l'RV 439 è in sei movimenti e mette in scena una turbolenta notte pervasa fin dal principio da un'atmosfera di misteriosa inquietudine teatralmente interrotta dall’irruzione dei Fantasmi (sottotitolo del secondo movimento), rappresentati da rapide scale di sedicesimi, ad accordi spezzati e a note ribattute che si rispondono fittamente a canone. Il Largo, sommessamente accompagnato dagli archi senza il basso, placa per un momento la tensione prima del ritorno dei Fantasmi che il terzo Largo (Il Sonno, assai simile al Largo dell'Autunno dell’op. 8), privo di cembalo e con gli archi in sordina, disperde per creare un clima di stupita immobilità. L’Allegro finale, vigoroso e a tratti sincopato, sembra quasi voler riaffermare gli aspetti inquietanti ed angosciosi di questa singolare esperienza notturna.
Il celebre Round Midnight di Thelonious Monk (trascritto da Luigi Mangiocavallo) chiude il concerto, con una dinamica improvvisazione iniziale del contrabbasso che prelude ad un’aperta citazione da una delle scene più importanti de L’Orfeo di Claudio Monteverdi, quel “Possente Spirito” durante il quale l’eroe fa assopire Caronte col proprio canto, così da poter attraversare il fiume Stige e raggiungere la sua amata Euridice. E in questo intreccio fra epoche e mondi diverse, la notte può rivelare un’altra anima, seducentemente disinibita che il ritmo accompagna spontaneamente alla gioia.
Pierpaolo Zurlo
1502
Aldo Manuzio fonda l'Accademia Aldina, istituto dedicato agli studi ellenistici che annovera fra i suoi membri alcuni dei più grandi studiosi dell'epoca: Erasmo da Rotterdam, Pietro Bembo e Thomas Linacre. L'Accademia si prefigge di dare impulso allo studio dei classici greci in Italia e in Europa. I suoi membri si impegnavano a parlare fra di loro soltanto in greco. Nello stesso anno pubblica a Venezia la sua edizione della Divina Commedia di Dante Alighieri, a cura del Bembo, che rimarrà la base di tutte le ristampe per i successivi tre secoli.
1982
Il 28 aprile viene proiettato per la prima volta, al Santa Fe Film Festival, il film sperimentale Koyaanisqatsi, diretto da Godfrey Reggio e con le spettacolari musiche di Philip Glass. Il titolo è in lingua hopi e significa “vita in tumulto, folle, in disintegrazione, squilibrata: condizione che richiede un altro stile di vita”.