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GIUDA ALL'ASCOLTO | Oriente e Occidente
Jordi Savall, Hespèrion XII - Oriente e Occidente - edizione completa
NOTE DI SALA
A ben vedere, seppure all’incirca, il primo e vero scisma musicale fra Occidente e Oriente avviene attorno al secondo secolo avanti Cristo. È allora che, ad Alessandria d’Egitto, il creativo ingegnere Ctesibio inventa, oltre alla pompa idraulica e all’orologio ad acqua, anche il primo organo a canne (sempre ad acqua) che denomina hydraulis. L’acqua serve a mantenere costante la pressione dell’aria che soffia nelle canne per produrre il suono. L’afflusso dell’aria è regolato da un primitivo meccanismo di leve che nel corso dei secoli sarebbe diventato la tastiera di clavicembalo, clavicordo, pianoforte, pianole. Che sono gli strumenti dell’ Occidente, ignorati in Oriente.
Peraltro, dall’Oriente è giunta in Europa la famiglia degli archi, cardinale per il suo sviluppo musicale dal Rinascimento in poi. Accanto all’aria soffiata nel flauto (come nella canna dell’organo), l’aria mossa delle vibrazioni di una corda sta all’origine della musica tutta. Di corde pizzicate in arpe e cetre abbiamo testimonianze nella Grecia classica e ancor prima in Mesopotamia, nell’ Egitto antico, in Persia, nell’intera Asia minore (per non dire di Cina e Oriente estremo). L’Islam degli anni d’oro, alla fine del primo millennio, è la fucina di quegli strumenti (“cordofoni”) e delle loro infinite varianti regionali. Infatti, le prime corde sfiorate con crini tesi su archetto arrivano in Europa dall’Iberia conquistata dagli Arabi nell’ottavo secolo dopo Cristo. E così nasce la liuteria moderna e si forma la tradizione strumentale occidentale.
Un altro scisma, ora politico-religioso, sconvolge gli equilibri musicali fra Occidente e Oriente. Assieme all’avventurosa scoperta dell’America, che riduce il Mediterraneo a periferia, l’anno 1492 vede la doppia espulsione dalla penisola iberica degli Ebrei sefarditi e dei Mori musulmani. Quarant’anni prima, Costantinopoli era stata conquistata dagli Ottomani e la paura dei Turchi avrebbe condizionato l’Europa cristiana per oltre due secoli, fino all’assedio di Vienna (1683). L’elenco delle reciproche persecuzioni è infinito. La migrazione dei popoli e il conseguente terremoto culturale sconvolgono allora equilibri già precari, contribuendo non poco ai disastri successivi, che ben conosciamo.
Il dialogo fra la civiltà araba e quella cristiana forse non si spezza allora, certo si sfilaccia assai. In musica le tradizioni si allontanano nella sintassi e nel suono. Il sistema linguistico europeo si cristallizza nell’armonia tonale con l’artificiale temperamento equabile. Il sistema arabo si mantiene fedele alle scale naturali e alla valorizzazione dei timbri. Gli strumenti europei cercano l’accuratezza dell’intonazione, quelli arabi la qualità del suono. Le reciproche distanze si ampliano. Eppure, un filo di continuità, se non altro spirituale, si mantiene.
Il programma di stasera ci porta sulla linea di faglia musicale che si forma e s’espande fra fine Medioevo e prima Età moderna. Ascolteremo musiche affidate a strumenti che in comune hanno soltanto il principio fisco della corda vibrante. Tutto il resto cambia: forma, suono, ruolo. In ordine di apparizione, iniziamo con il rebab, in certo senso un capostipite dell’intera famiglia moderna di strumenti a corda pizzicata con dita/plettri o sfiorata da archetti. Ha da una a quattro corde, un suono vicino alla voce umana, un’estensione limitata a circa un’ottava. Con varie denominazioni e conformazioni, il rebab si diffonde dalla nativa Arabia lungo le vie dell’espansione politica e commerciale dell’islam: in Asia minore, centrale, meridionale, assorbito anche nella formazione strumentale del balinese gamelan, in Africa settentrionale e, ovviamente, nella penisola iberica, diffuso durante i secoli non solo nel dominio arabo (el-Andalus circa 711-1492) ma anche nella riconquistata cristianità (Castiglia y Leon, ca. 722-1492). Tanto che suonatori di rebab compaiono nelle miniature del manoscritto fondante della musica spagnola, Cantigas de Santa Maria (circa 1280), dal quale è estratto il Rotundellos che ascolteremo, fatto di scansioni di danza riprese da contemporanee tradizioni berbere, bizantine, sefardite, armene, anche italiane.
Sono sempre corde vibranti che generano il suono nel santur, ma non perché sono pizzicate o sfiorate. Le corde sono percosse da due bacchette azionate a mano. Sono tese in orizzontale sopra una tavola armonica, disposte in ordine di lunghezza crescente e dunque accordabili per generare le note corrette per gradevoli melodie, diatoniche ed estese fino a tre ottave. Esistono immagini babilonesi e assire del secondo millennio avanti Cristo che rendono il sandur progenitore dell’arpa greca antica e ne fanno lo strumento principe della civiltà persiana, dalle origini ai nostri giorni.
Nell’adiacente Turchia diventa strumento nazionale il kanun, assai simile al persiano santur: ha medesime origini mesopotamiche e comune diffusione nel tempo dell’espansione araba. Presenta numerose varianti locali, ma di regola dispone di 26 terne di corde stese su un supporto triangolare in legno con lati di circa 100 e 40 cm, da tenere in orizzontale appoggiato sul grembo. A differenza del santur, le corde del kanun sono pizzicate con plettri o direttamente con le unghie delle dita. L’estensione può superare le tre ottave e mezzo. L’accordatura è fissa e l’inserimento di note esterne alla scala adottata è limitato e comunque laborioso. Il che rende sia il santur che il kanun incompatibili che il compromesso acustico (“temperamento”) adottato in Europa proprio in quel periodo storico e che consente la veloce modulazione da un modo a un altro, e dunque la moderna e occidentale armonia tonale. Comunque sia, santur e kanun sono antesignani dei nostri salterio medioevale, pantaleon barocco, cimbalon moderno, marimba contemporanea.
Assoluta continuità di sviluppo, dall’Arabia felix all’oscuro Medioevo europeo, ha invece la stirpe del rebab. Che fa sempre nascere il suono dalle vibrazioni di corde pizzicate o sfiorate, ma ha il vantaggio di modificare la lunghezza delle corde (cioè l’intonazione) nel corso dell’esecuzione usando le sole dita della mano sinistra. La progenie del rebab che meglio conosciamo è lo strumentario completo della musica occidentale: liuto, chitarra, mandolino, l’intera famiglia degli archi che ritroviamo nelle orchestre di oggi. Mentre nella tradizione araba rimane attiva una variante del liuto rinascimentale e un precursore del mandolino denominato oud, simile nella forma ma con un 10-13 corde raggruppate in numero variabile in 5-7 file per modificare il timbro e aumentare il volume sonoro. Ben documentata nella letteratura e iconografia cattolica della Spagna medioevale (dal già citato Cantigas de Santa Maria; da El libro de buen amor del 1330-43) è la “guitarra morisca”, antesignana più panciuta della chitarra moderna e di ovvia origine araba.
La stirpe delle viole è la più prolifica, grazie a liutai bresciani, cremonesi, veneziani che a partire dal Cinquecento generano i sottili violini, gli ampi violoncelli, i corposi contrabbassi di oggi. Vita gloriosa ma effimera (salvo i recenti recuperi dei repertori antichi) hanno le numerose varianti della stessa viola: d’amore, da gamba, da braccio, tenore, alta. Un caso esemplare è la viola da gamba soprano, fabbricata anche da Amati e Stradivari (secoli XVI-XVIII), con dimensione e registro fra viola e violoncello di oggi. Il nostro programma ne mostra diffusione non solo nell’intera area arabo-musulmana (afgana, turca) ma anche nell’altra Europa dove si disperdono gli ebrei sefarditi, pure vittime dell’intolleranza spagnola del 1492. Il suono dolce dello strumento, così vicino alla voce umana, nella sua vocazione al canto unisce culture accumunate dalla sofferenza.
In Occidente, non solo in Iberia ma anche in Francia e soprattutto in Italia, ha successo fin dal secolo XI la ribeca, che è il naturale intermedio fra i rebab e le viole, rinascimentali prima e moderne poi. Ancora una volta lo strumento assume aspetti diversi, in funzione di luoghi, tempi e tradizioni: accordature per quarte o quinte, numero di corde variabile da uno a cinque (più frequente tre), impiego costante come accompagnamento a danze, canti, narrazioni. Assistito, come sempre e in tutti questi strumenti, dalle integrazioni timbriche e ritmiche di varie percussioni. La ribeca, in tante varianti, è tuttora ben presente nelle manifestazioni popolari arabe e non mancano echi nella tradizione andalusa, ma nel resto d’Europa, a partire dalla faglia che si apre a fine Quattrocento, viene sostituita dalla più sofisticata viola da gamba, che resta protagonista fino a tutto il Settecento, soprattutto in Francia, prima di essere a sua volta sostituita dal violoncello.
Sappiamo bene che il repertorio per viola da gamba ha firme notissime e importanti (Vivaldi, Bach, Marais…), tuttavia si noti che il nostro programma propone strumenti e musiche di autori anonimi, distinti per luoghi ma accumunati non solo dall’epoca della fatale transizione ma anche dall’eterno dialogo spirituale che non si perde neppure nei turbolenti tempi che viviamo, oggi come allora.
Enzo Beacco
1380 ca Alla corte del futuro re Enrico IV d’Inghilterra viene documentata le prima produzione del “recorder” antenato dei flauti barocchi. Nel 1377 nasce Filippo Brunelleschi. In quegli anni vengono scoperte e colonizzate dagli umani le ultime isole della Polinesia, rimaste sino ad allora deserte.
1400 ca Chaucher pubblica nel 1400 I racconti di Canterbury, divenendo uno dei primi scrittori ad usare l’inglese in letteratura. Nel 1410 a Praga viene costruito il tuttora funzionante orologio astronomico sulla torre del municipio. A Siviglia inizia la costruzione della grandiosa cattedrale.
1500 ca La Wiener Hofmusikkappelle viene fondata dall’imperatore Massimiliano I; divenerà poi il famoso “coro dei ragazzi” di Vienna, che esiste ancora oggi. A Roma viene fondata la Biblioteca Vaticana, mentre i primi navigatori portoghesi raggiungono le coste del Brasile. Cristoforo Colombo viene arrestato a Santo Domingo con l’accusa di aver cospirato contro il Re, ma verrà del tutto prosciolto dal Re stesso al suo arrivo in Spagna.
1450 ca A Cambridge vengono istituiti i primi corsi accademici in musica, e nel 1464 Henry Abyngdon divene il primo “dottore in musica” della storia. In quegli anni Johannes Gutemberg apre la sua prima “tipografia” a Mainz pubblicando La Bibbia. Nel 1457 seguirà la stampa del primo libro “a colori”.