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GIUDA ALL'ASCOLTO | QUARTETTO LEONKORO -
Franz Schubert (Vienna 1797 - Vienna 1828)
Quartetto n. 9 D 173
Leos Janaček (Hukuvaldi 1854 - Ostrava 1928)
Quartetto n. 1 “Kreutzer Sonate“
Johannes Brahms (Amburgo 1833 - Vienna 1897)
Quartetto Op. 51 n. 1
NOTE DI SALA
La o sviluppo del genere del quartetto per archi è lineare solo nel caso del suo fondatore, Franz Joseph Haydn, autore di una settantina di lavori distribuiti con continuità nel corso della sua vita creativa. Non è così con Mozart e ancora meno con Beethoven, le cui tre maniere stilistiche sono speso scandite proprio dalla sequenza dei tre gruppi di suoi quartetti. Per tutto l’Ottocento, e con propaggini ne Novecento, gli autori maggiori affrontano il genere in momenti diversi, fra slanci giovanili e maturi timori reverenziali nei confronti dell’incombente mito beethoveniano.
Si vede bene anche in Schubert. Passano quasi dieci anni fra la prima dozzina di quartetti e la terna estrema, con incompiute tappe intermedie e ovvi sbalzi qualitativi. Nel gruppo giovanile (1812-16) i titoli sono tanti, le partiture complete meno, l’attribuzione dei manoscritti è aleatoria. Come aleatoria è la numerazione vera (non quella ufficiale), con l’inevitabile conseguenza che non sappiamo quale sia il numero progressivo degli ultimi capolavori e del celeberrimo La morte la fanciulla in particolare. E c’è un ovvio distacco stilistico fra la dozzina giovanile e la terna matura, la prima legata ai defunti Haydn e Mozart, la seconda autonoma rispetto al vivente Beethoven. L’esecuzione, stasera di uno dei primi quartetti di Schubert offre l’occasione di approfondire l’argomento.
Il precoce interesse di Schubert per il quartetto pera archi nasce dalla tradizione familiare di fare musica in casa. Papà Schubert suonava il violoncello e i figli si distribuivano gli altri archi. Si eseguiva musica di ogni genere e di modesta difficoltà. Al giovanissimo Franz venne naturale l’idea di suonare qualcosa di proprio esubito si mise all’opera. Il suo primo quartetto completo che ci è stato tramandato appartiene alla prima adolescenza (1810-11), ha incerto piano tonale e architettura elementare, con qualche riferimento ai modelli di Haydn e Mozart e tanta invenzione melodica in libertà. Dello stesso periodo ci è arrivato un manoscritto per quartetto che non va oltre il livello del frammento e come tale è stato pubblicato nel 1978. Almeno altri tre quartetti, contemporanei o di proco precedenti, sono stati perduti e non sappiamo neppure se siano stati completati. Accanto a vari frammenti, abbiamo altri cinque quartetti completi, e il n. 6 (in re maggiore D 74) risulta composto fra agosto e settembre del 1813, sotto la supervisione di Antonio Salieri, del quale allora Schubert era allievo.
Di poco successivi sono i cinque quartetti con numeri “ufficiali” da 7 a 11. Quello che ascolteremo è classificato come n. 9 ma risulta l’ultimo a essere stato composto, in una sola settimana a fine marzo 1815. A suo modo è un punto di arrivo. Il diciottenne Schubert mostra di conoscere bene gli antecedenti Haydn e Mozart e il contemporaneo Beethoven. Si sente nell’equilibrio dei movimenti laterali, nelle variazioni del secondo movimento, nella vivacità del minuetto. Il tocco originale schubertiano risalta – e non può essere altrimenti – nelle splendide melodie, cantabili e fluide, pronte a cambiare passo a seconda dei tempi, a intrecciare contrappunti e duetti. Per altro è il tempo in cui Schubert compone Margherita all’arcolaio (1814) e Il re degli elfi (1815), capolavori musicali con supporto letterario di Goethe.
Dall’adolescente Schubert (e relativi referenti classici) al novecentista Janáček il salto stilistico è importante. Però, anche nel caso del Primo quartetto di Janáček c’è doppio supporto, letterario e musicale, con una chiara relazione reciproca, di antecedente e conseguente. La fonte più vicina, oltre che diretta, è quella letteraria: Il titolo del quartetto riprende infatti il celeberrimo romanzo breve La sonata a Kreutzer di Tolstoj. Che è ispirato alla non meno famosa Sonata per violino e pianoforte di Beethoven. La quale sonata offre non poco materiale musicale per il quartetto di Janáček. E così il cerchio potrebbe chiudersi.
Ma la situazione non è tanto lineare (anzi circolare). In primo luogo, c’è da dire che questo quartetto non è davvero il primo di Janáček. Si sa di uno impostato molti anni prima, nel giugno del 1880, durante il breve periodo di studi al Conservatorio di Vienna. Se ne sono perse le tracce. Anche il soggetto letterario era già stato tentato, in un Trio con pianoforte abbozzato nell'autunno del 1908, ripreso sei mesi dopo ed eseguito a Brno il 2 aprile 1908 in occasione delle celebrazioni per il centenario di Tolstoj tenute in quell'anno. Ancora una volta la partitura è perduta.
Janáček confessò al suo biografo Max Brod che molte idee musicali del Trio erano state poi utilizzate nel Quartetto. A sua volta, il violinista Pavel Dedeček, che prese parte alla prima esecuzione del Trio, riferì che fra i due lavori c'erano ben pochi punti musicali in comune. L'attacco del Trio era basato su una figurazione agitata degli archi che imitava il correre del treno, in analogia con l'inizio del romanzo di Tolstoj. Il Quartetto inizia invece con poche battute di 'Adagio" e presentano il carattere della tragica eroina, una donna frustrata, desiderosa d'amore e di dolcezza. Nel secondo movimento entra subito in scena il seduttore cosmopolita e inizia il gioco della conquista mentre sale la tensione. Vengono poi (terzo tempo) i sospiri, le ansie, i sensi di colpa. Infine (ultimo tempo) si consuma la tragedia. Il marito uccide una moglie ormai spezzata.
È chiara la simpatia che in ogni battuta Janáček riserva alla donna, al contrario di Tolstoj che sviluppa il suo racconto attorno alla figura del marito e tratta la donna come semplice adultera. Naturalmente non bisogna prendere troppo alla lettera gli aspetti narrativi del Quartetto, che resta una costruzione musicale, con proprie valenze e strutture di regola autonome rispetto alla grande tradizione ottocentesca e classica. I quattro movimenti hanno architetture sempre molto libere. Tutti presentano la medesima indicazione "Con moto", anche se la scrittura chiede importanti differenziazioni dinamiche. I1 primo tempo elabora il cosiddetto "tema della donna", contornandolo con motivi secondari, di regola brevi e spezzati, per suggerire desideri repressi e fragili ambizioni.Uno schema di forma sonata, con piccolo sviluppo centrale, risulta appena accennato.
Il secondo tempo e una specie di Scherzo diviso in tre sezioni principali. Nella prima ha campo libero il motivo del seduttore, che è una variante per viola del tema dell'eroina esposto nel primo tempo. I tremoli sul ponticello introducono la seconda sezione e a loro modo suggeriscono che la resistenza della donna si sta sbriciolando. Seguono momenti di tensione armonica e ritmica, improvvise impennate, passaggi in "fortissimo". Infine, tutto si scioglie e il movimento termina in "pianissimo". Il terzo tempo attacca con un delicato dialogo in canone fra violino e violoncello dal significato non ambiguo e che si svolge su un motivo chiaramente derivato dal secondo tema ("dolce") del primo movimento della Sonata "a Kreutzer" di Beethoven. Brevi segmenti cromatici, rapide frenesie ritmiche, improvvise sospensioni impediscono ogni forma di rilassamento e pian piano portano all'angoscia della conclusione. Il finale riprende le battute introduttive dell’”Adagio" iniziale strumentate in modo ancor più grave e sinistro. Poi scoppiano le tensioni, gli ostinati, i passaggi “come in lacrime” del violino solista che urla nel registro acuto, i vuoti, i pizzicati. Improvviso sbuca un “Minuetto”, in uno estremo sussulto di dignità, per poi riprendere la tensione e lasciarla irrisolta.
Il Primo quartetto fu composto da Janáček fra 30 ottobre e 7 novembre 1923 ed eseguito per la prima volta il 14 ottobre 1924 dal Quartetto boemo al Mozarteum di Praga.
Del faticoso approdo di Brahms alla Sinfonia si ha spesso occasione di discorrere e commentare, traendo di frequente conclusioni generali: la fobia per la grande forma, il peso dell'eredità beethoveniana, l'impatto della profezia di Schumann su un Brahms ancora ventenne e sconcertato... E si finisce per dimenticare che, anche in un campo in cui Brahms si mosse sempre a perfetto agio come la musica da camera, esiste un caso che ha curiose analogie con quello sinfonico e che mostra come il peso della tradizione abbia condizionato le scelte dell'artista.
Pure la composizione di un quartetto fu infatti lungamente meditata da Brahms. Arrivò dopo vari esperimenti in generi di minore tradizione storica: il quartetto con pianoforte, il trio (anche eterodosso, con corno), l'inconsueto sestetto per archi. Solo nell'estate del 1873 nacquero i primi due quartetti, uno in do minore, l'altro in la maggiore. Entrambi classificati come op. 51, sono opere di grande maestria architettonica, frutto di un processo evolutivo durato non meno di vent'anni. I primi schizzi di quartetti per archi risalgono infatti agli anni dei primi incontri con Schumann e con il grande violinista. Joseph Joachim, che già allora guidava il suo celebre quartetto.
Lo sforzo creativo è particolarmente sensibile nel primo lavoro, nella "fatale” tonalità di do minore e impostato secondo rigorosi principi di unità strutturale al punto che i ricorsi tematici fra i -vari movimenti si colgono anche con un sommario esame della partitura. Comune a ogni movimento è la scrittura spessa e tormentata, a volte faticosa.
L'iniziale "Allegro" ne è forse l'esempio più schietto, con il gran riempimento nelle voci intermedie, la compattezza di un procedere appena animato dall'instabilità del ritmo e dalla valorizzazione delle pause. Anche nella successiva Romanze le voci intermedie hanno alto peso specifico, sostengono una linnea melodica compatta, poco più di un frammento, con pochi intervalli e una formula ritmica costante. Il terzo movimento ha poco dello "Scherzo" tradizionale, rinuncia al piglio aggressivo e al ritmo acceso, preferisce mantenersi nella dimensione poco vistosa, lavorare ancora una volta su colori tenui, sulle sottigliezze delle minime variazioni. Il “Trio” recupera un tono popolaresco, ma sempre evitando di alzare la voce. L’”Allegro” finale ha sensibili elementi tematici in comune con il primo movimento, che si notano fin dal perentorio attacco all’unisono e continuano con varie soluzioni tecnico-espressive presenti in origine nei movimenti precedenti. La costruzione, al solito, è piuttosto elaborata, con poche concessioni alla cantabilità e al piacere di soffermarsi sul dettaglio prezioso.
Alla coppia con numero d’opera 51, Brahms associò due anni dopo il suo terzo e ultimo quartetto opera 67. Che precede la faticata conclusione della sua Prima sinfonia (op. 68). Col che Brahms riesce (forse? finalmente?) a liberarsi dal fantasma di Beethoven.
Enzo Beacco
1815 A Boston viene fondata la Handel & Haydn Society, il più antico coro degli USA. Il 3 Ottobre in Francia si schianta un oggetto marziano: il meteorite di Chassigny. A Londra Jane Austin pubblica sotto anonimato il suo ultimo romanzo Emma, mentre in Europa inizia il periodo che fu chiamato Biedermeier: la classe media allo scoperta delle arti. Fu in quel periodo che divennero popolari i concerti dove si entrava acquistando un biglietto.
1923 Louis Amstrong registra il suo primo disco, e la neonata BBC trasmette in diretta da Cardiff la prima opera completa, ma nessuno ricorda quale era. In Spagna un sogno di Leonardo diventa realtà con il volo del primo aereo ad ala rotante: l’elicottero, mentre in Italia nasce la Regia Aeronautica. A Hollywood viene inaugurata la famosissima scritta sulle colline.
1873 Grande annata per i quartetti: Antonin Dvořák compone il n.5 e il n.6, e anche Giuseppe Verdi ne pubblica uno in re minore. Levi Strauss ottiene il brevetto per i rivetti per rinforzare i pantaloni da lavoro: sono nati i jeans. In Marzo esce la prima puntata di Anna Karenina di Leone Tolstoj. Buda, Pest e Óbuda si fondono per far nascere la moderna Budapest.