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Gabriel Faure (Pamiers 1845 - Parigi 1924)
Pavane op. 50
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Gabriel Faure (Pamiers 1845 - Parigi 1924)
Pavane op. 50
Gabriel Faure (Pamiers 1845 - Parigi 1924)
Ballade op. 19
Gabriel Faure (Pamiers 1845 - Parigi 1924)
Thème et variations op. 73
Franz Liszt (Raiding 1811 - Bayreuth 1886)
da "Années de pèlerinage, Deuxième année: Italie" (estratti)
Tre sonetti del Petrarca | n.47, n.104, n.123
Franz Liszt (Raiding 1811 - Bayreuth 1886)
Après une lecture de Dante: Fantasia Quasi Sonata
Gabriel Fauré considerò la sua Pavane op. 50 una composizione minore, quasi d’occasione, scritta nel 1887 in omaggio alla contessa Élisabeth Greffuhle, ventisettenne e già signora dei salotti aristocratico-artistici nella Parigi di fine secolo. È lei che molti considerano il modello reale per la figura letteraria della duchessa di Guermantes nella Recherche di Proust. In verità, la Pavane è un brano breve (circa sei minuti), semplice nella forma (una melodia più volte ripetuta con minimi intercalari), cullante nel ritmo, soave nella sonorità. Nessuno scarto dissonante in un’armonia che rimanda agli antichi modi gregoriani. La voce si alza per poche battute, al centro: un forte sospiro ripetuto tre volte per interrompere il sognante fluire delle note. Mentre, del tutto imprevisto, come finale, un geniale circuito modulante sembra voler confondere la serenità appena trascorsa.
Ma proprio queste sue eleganti dolcezze miste a studiata malinconia hanno fatto della Pavane la più popolare composizione di un autore che, come pochi, rappresenta l’intimismo francese di fine Ottocento. E non a caso, un’altra composizione di Fauré, la Sonata op. 13 per violino e pianoforte, è spesso associata alla Sonata di Vinteuil che fa da colonna sonora alla prima parte, Du côté de chez Schwann, della saga di Proust. Mentre il cugino della dedicataria contessa Greffuhle è Robert de Montesquiou, ossia il modello reale dell’immaginario barone Charlus, altro gran protagonista degli ultimi libri della Recherche. A lui si devono i versi che Fauré utilizzò per aggiungere un coro alla Pavane, dopo il grande successo della versione per piccola orchestra presentata il 25 novembre 1888. Seguirono adattamenti per balletto (anche di Diaghilev) e trascrizioni per le formazioni più varie (violino, viola, violoncello, chitarra, flauto, ottoni…) estese a complessi pop-rock, a testimoniarne l’intramontabile fortuna.
La versione originale è tuttavia per pianoforte e, a suo modo, ha valore storico. Precede e ispira la Suite bergamasque (1890) di Debussy e soprattutto la Pavane pour une enfant défunte (1899) di Ravel, entrambi allievi del conservatorio di Parigi del quale Fauré fu prima professore di composizione e quindi direttore. Si ristabilisce così quel rapporto fra il pianismo francese di fine Ottocento e il clavicembalismo settecentesco di Couperin e Rameau. E nasce quella perfetta combinazione fra chiarezze degli antichi e sfumature dei moderni che, in musica, chiamiamo impressionismo.
Comunque, Fauré non fu impressionista anche se la sua vita e arte si sovrappose esattamente con la stagione magica (1890-1918) inventata dai più giovani allievi Debussy e Ravel. Rimase fino ai suoi ultimi anni fedele alla tradizione secondo-romantica, appresa dai propri maestri e mentori, Camille Saint-Saëns e César Franck. Che fecero di lui un padrone della tastiera, indirizzandolo però all’organo. Per anni, Fauré sbarcò il lunario suonando l’organo in prestigiose chiese parigine, di regola eseguendo musiche del passato classico, spesso improvvisando in proprio. Dunque, nelle sue composizioni, ampie melodie s’intersecano con i disegni d’accompagnamento a formare polifonie complesse e conseguenti frizioni dissonanti, alleggerite da sprazzi arpeggianti e passaggi a corale. Con ovvie ricadute nella sua ampia produzione pianistica.
Si sente bene nella ben nota, seppure ancora giovanile, Ballade op. 19, altro luogo preferito della musica di Fauré. Tuttora piace molto la versione con orchestra, però l’originale per solo pianoforte consente di meglio scoprirne l’intima struttura. Nasce come collage di frammenti separati ma alla fine si rivela come serie di variazioni su un tema ostinato. Però quel tema risulta alla fine tanto accattivante quanto ossessivo, e si finisce col condividere l’opinione di chi ritiene che sia questo motivo la petite phrase dell’inevitabile Sonata di Vinteuil proustiana. Per altro, il vaporoso sciogliersi dei ricami ornamentali non può non ricordare i saloni ovattati delle dimore principesche della Belle époque.
Quel che conclude la prima parte del concerto di stasera, tutto dedicato a Fauré, è un tema e con variazioni che tale è di nome e di fatto. Un tema severo e ben scandito è seguito da undici sue modifiche. Ciascuna è disposta nella sequenza consueta, alternando passaggi tempestosi ad altri sereni, qualcuno polifonico, altri sognanti, a dimostrazione di una perfetta padronanza accademica di un genere codificato dalla tradizione. La memoria va subito alle Variazioni sinfoniche di Schumann e ai magnifici cicli di Brahms su temi di Händel e Paganini. È questa la composizione pianistica più estesa di Fauré, ma anche una delle meno eseguite. A suo modo è una raccolta di miniature, che però non hanno l’ampio respiro delle vere miniature pianistiche di cui Fauré era maestro, le ballate, le barcarole, i preludi, quei fogli d’album con titoli chopiniani e tocchi vellutati che tanta fortuna riscuotevano nei salotti di casa Verdurin e della magione Guermantes.
Faurè comunque appartiene alla terza via della tradizione pianistica che si sviluppa nella Parigi degli anni Trenta e Quaranta dell’Ottocento, quando nella capitale francese risiedevano Chopin e Liszt, circolavano Hummel e Mendelssohn, costruivano pianoforti Pleyel e Érard, stampavano spartiti Schlesinger e Brandus. Soprattutto l’immigrato tedesco Kalkbrenner insegnava al famoso conservatorio e imponeva una cura maniacale sull’agilità delle dita, creando la tradizione tipicamente francese del jeux perlé, che dura tuttora e che permette di sgranare con cristallina trasparenza velocissime quanto eleganti cascate di note. Il precocissimo Saint-Saëns ne fece la propria cifra, che trasmise all’allievo Fauré, come abbiamo notato nel finale della Ballade op. 19.
All’affermarsi di quella tecnica aveva contribuito non poco anche Chopin, che ne fece però solo elemento accessorio. Sull’altro versante stilistico, Liszt la possedeva come dote naturale, ne fece uso sovrabbondante, però introdusse il mulinare delle braccia e la forza delle spalle nella gestione della tastiera, con risultati mirabolanti. Le sue rielaborazioni spettacolari di popolari drammi di Mozart, Bellini, Verdi, Donizetti, Gounod, Čajkovskij conquistarono il pubblico dell’intera Europa. E così i suoi studi di esecuzione trascendentale, i pezzi liberi, le trascrizioni da Schubert. L’aggiunta di una dimensione evocativa extramusicale contribuì non poco a un successo tutt’altro che effimero. Composte e revisionate in un lungo periodo (1835-83) le tre raccolte di Années de pèlerinage sono il diario musicale di un’anima inquieta, attenta ai suoni della natura svizzera, all’arte italiana, alla contemplazione mistica.
Ascolteremo i suoni ispirati dalla grande letteratura italiana, la terna di sonetti di Petrarca, la parafrasi della Commedia di Dante. Che stanno al centro della seconda raccolta, intitolata Italie e che contiene anche omaggi alla pittura di Raffaello e alla scultura di Michelangelo, pubblicata nel 1858 dopo almeno vent’anni di elaborazione. Nei tre sonetti, Liszt chiede all’interprete di dosare il tocco delle dita in modo da valorizzare il timbro di ogni singola nota e rendere i valori espressivi che spuntano da intrecci melodici immersi in armonie inconsuete. La Fantasia quasi sonata “dopo un lettura di Dante” impone anche un costante sforzo di braccia e di spalle, oltre che di polsi e mani, per cavare dalla cordiera le sonorità apocalittiche richieste dallo spartito e dal sotteso contenuto programmatico.
Quanto e fino a che punto, nella Sonata quasi fantasia si possano trovare riferimenti a passaggi specifici della Commedia dantesca è aperto all’immaginazione dell’ascoltatore. Di sicuro l’uso sistematico del “diavolo in musica”, ossia dell’intervallo di tritono (tre toni adiacenti), che è metà esatta della perfetta ottava e paradossalmente la più stridente dissonanza del linguaggio armonico occidentale, serve a Liszt come metafora della dannazione infernale. Mentre sono pochi gli squarci lirico-paradisiaci, che mancano nei versi di Victor Hugo dai quali Liszt ha tratto ispirazione. La turbinosa resa musicale è comunque tale da rendere (quasi) superflua la connessione letteraria. In fondo è così anche per i tre sonetti di Petrarca. Il tono lirico e riflessivo di ciascuno ci emoziona con le sole note del pianoforte forse ancor più delle parole esplicite che troviamo nella precedente versione per voce e pianoforte.
Enzo Beacco
1887 L’anno in cui nasce Arthur Rubistein è un anno molto prolifico: Dvořák crea la sua Messa in Re maggiore, Brahms il concerto per violino, violoncello ed orchestra op. 102, Albèniz il Concerto Fantastico, ma la lista è lunghissima.Nel Montana cadono i fiocchi di neve più grandi mai visti: 38 x 20 cm ! In Germania vengono inventate le lenti a contatto, mentre Van Gogh dipinge i suoi celebri Girasoli. Vicino a Neuchâtel nasce Le Corbusier.
1881 A Vienna prima dell’unico e famosissimo concerto per violino e orchestra in re minore di Čajkovskij; ai critici musicali non piacque affatto: “il violino viene battuto e percosso” scrissero. A luglio invece, esce la prima puntata di Le Avventure di Pinocchio. In India viene scoperto un manoscritto del IV secolo che documenta l’uso dello “zero” in matematica.
1897 Per diventare direttore dell’Opera di Corte a Vienna, Gustav Mahler, ebreo, viene costretto a convertirsi al cattolicesimo. A Washington viene aperta la libreria del Congresso, Il 10 agosto viene prodotta la prima Aspirina, e la parola computer viene usata per la prima volta in un articolo scientifco.Bouleverd Montmartre diventa il soggetto di tre quadri di Camille Pissarro.
1848 Le Cinque Giornate di Milano provocano l’annullamento della prima di La Schiava Sovrana a causa della chiusura de La Scala, ma il 31 agosto il feldmaresciallo Radetzky, repressore della rivolta, ricevette da Johanne Strauss padre la dedica della famosissima marcia. Lord Rosse studia la nebulosa del granchio: non sapeva ancora che erano i residui dell’esplosione di una supernova osservata dai cinesi nel 1054.
1849 Non fu un anno fortunato per i musicisti: Richard Wagner, ‘colpevole’ di aver preso parte alla rivolta di Dresda fugge a Zurigo, Johannes Strauss padre anzichè presentare un ulteriore pezzo in onore di Radetzky muore di scalattina, e Chopin lo segue a breve. Negli Stati Uniti viene brevettata la spilla di sicurezza, e - strano ma vero - anche il presidente Lincoln brevetta un dispositivo di galleggiamento per sollevare battelli.