GUIDA ALL'ASCOLTO CONCERTO N° 1476 | GIULIANO CARMIGNOLA E RICCARDO DONI

Teatro Verdi Trieste, Riva 3 Novembre 1, Trieste
Lunedì 13 giugno 2022, ore 20:30

Arcangelo Corelli (Fusignano 1653 - Roma 1713)
Sonata IV op. 5 per violino e b.c.
Adagio, Allegro, Vivace, Adagio, Allegro

Pietro Antonio Locatelli (Bergamo 1695 - Amsterdam 1764)
Sonata in re minore per violino e b.c.
Largo, Allegro, Siciliana, Allegro

Antonio Vivaldi (Venezia 1678 - Vienna 1741)
Sonata in re maggiore RV 10 per violino e b.c.
Allegro, Adagio, Allegro

Nicola Porpora (Napoli 1686 – Napoli 1768)
Sonata II in sol maggiore per violino e b.c.
Grave, Fuga, Aria cantabile, Allegro

Francesco Veracini (Firenze 1690 - Firenze 1768)
Sonata VIII Op. 2 per violino e b.c.
Allegro, Largo e staccato, Giga (Allegro)

 

I. Allegro moderatamente

Giuseppe Tartini (Pirano 1692 - Padova 1770)
Sonata in sol minore "Il Trillo del Diavolo" per violino e b.c.
Larghetto, Allegro, Andante-Allegro-Adagio

NOTE DI SALA

La prima metà del XVIII secolo è per l’Italia l’ultima grande stagione della sua cultura strumentale: l’altissimo livello della tradizione violinistica, l’ampia varietà delle forme musicali e l’attivo contributo alla definizione dello sviluppo d’un linguaggio musicale innovativo, le consentono di esercitare una forte influenza sul piano europeo. Ma i sintomi della crisi appaiono già evidenti poiché tale influenza riposa sostanzialmente sull’apporto di individui, singoli musicisti che vengono spinti all’emigrazione per l’esaurirsi della richiesta in patria e per il costante dilagare del melodramma. È la sorte condivisa da tutti i compositori (e violinisti) di questo programma, ad esclusione di Arcangelo Corelli: il  bergamasco Locatelli, probabilmente suo allievo, farà carriera ad Amsterdam; Vivaldi si trasferirà a Vienna nel 1740 per morirvi nel 1741; Porpora, affermato operista, rientrerà nella natia Napoli per morirvi, povero, dopo una vita spesa fra Darmstadt, Vienna (dove aveva avuto per allievo Franz Joseph Haydn), Venezia, Londra, Dresda; Veracini si sposterà prima a Venezia (dove frequenterà Tartini) per trasferirsi poi a Londra, Düsseldorf, Dresda e in Boemia per tornare alla fine a Firenze. Tartini si sposterà invece “soltanto” dall’Istria a Padova, dove fonderà nel 1728 la celebre “Scuola delle Nazioni” che formò all’arte violinistica artisti provenienti da Francia, Inghilterra e Germania. Senza scordate il più celebre e cosmopolita dei suoi allievi, Antonio Salieri, che da Tartini prese lezioni durante i suoi anni giovanili a Venezia.

È il 1700, con la pubblicazione delle Sonate, op.5 di Arcangelo Corelli, a venir considerato come spartiacque per il genere della sonata: il “recitativo libero”, ancora presente negli ultimi anni del XVII secolo, si alterna progressivamente con uno stile basato sull’inserimento di sezioni ritmicamente chiuse, che si andrà affermando sempre più negli anni seguenti e che darà un carattere peculiare, spesso definito sperimentale, a queste composizioni che uniscono le due nature: quella di essere esercizi di pensiero e contemporaneamente momenti musicali di svago. Dedicate all’Elettrice del Brandeburgo, Sophia Charlotte, le 12 sonate per violino (o Violone o Cimbalo, laddove l’”o” va inteso all’italiana e/o) uniscono i tratti caratteristici della più formale sonata da chiesa alla suite di danze tipica della sonata da camera, tanto che due delle prime sei Sonate si chiudono con una Giga. Altro elemento fondamentale di queste Sonate, che rimasero per un lungo periodo nel repertorio violinistico, e sul quale molto si è discusso, è l’ornamentazione dei movimenti lenti, riportata in alcune copie stampate quand’era ancora in vita Corelli che fanno supporre che gli esecutori venissero probabilmente giudicati in base alla loro abilità ad ornamentare tali sezioni. La Sonata IV ha in effetti un Adagio iniziale assai ornamentato che sembra condurre quasi spontaneamente all’Allegro fugato successivo, con le sue tre voci che entrano in successione, le prime due al violino seguite dalla terza affidata al basso continuo. Il Vivace che segue riporta il fluire musicale ad una relativa semplicità in modo da condurre l’eloquio musicale verso l’Adagio in re minore che si risolve sul ritmo danzante dell’Allegro conclusivo che, pur presentando un’iniziale suggestione contrappuntistica, chiude vigorosamente la Sonata.

Corelli esercitò una vasta influenza sui suoi contemporanei e soprattutto sulle successive generazioni, della quale fa parte il bergamasco Locatelli che con lui studiò, prima di intraprendere un’importante attività concertistica ad Amsterdam, come s’è detto. La sua produzione consiste in nove raccolte pubblicate originariamente ad Amsterdam fra il 1721 e il 1762, cinque di musica stru-
mentale (i Concerti opp.1,3,4,7,9) e quattro di Sonate (opp. 2,5,6,8) tutte pubblicate nei 12 anni tra il
1732 e il 1744. Uno dei maggiori virtuosi del violino tardo barocco (assieme a Tartini, Veracini e Leclair), Locatelli veniva giudicato un compositore “che suscita più sorpresa che piacere". Un giudizio sottoponibile a rivalutazione nell’ambito d’una costante frequentazione da parte dei violinisti di queste pagine assai elaborate e dense di piacevoli soprese. Le sue Sonate, op. 6 sono un banco di prova di grande impegno tecnico e compositivo: si aprono con un movimento lento o moderato, cui segue un tempo allegro in misura binaria e si concludono tutte – ad eccezione proprio del finale della Sonata XII che ha un Capriccio, prova del intonatione – con un tempo di variazioni su un'aria o con un minuetto. Ornamentazione, dinamica e cadenze vengono notate con precisione, per esteso, a differenza di quanto era consueto nella diffusione musicale a stampa, ed è questo fatto a renderle tasselli preziosi per seguire gli sviluppi della scrittura solistico-cameristica nel corso del Settecento e per delineare i primordi della forma della sonata classica.

Senza una data definita di composizione, ma verosimilmente elaborata intorno al trentesimo anno di vita di Antonio Vivaldi, la Sonata RV 10 gioca lievemente con la forma, facendo convivere all’interno della Sonata tanto il carattere del rigore quanto quello della fantasia, in lieve alternanza tra libero spirito e severo stile settecentesco in quel passaggio fondamentale che di lì a poco avrebbe dato luogo alla trasformazione di questa struttura in un agile contenitore di idee del quale è vivace esempio la Sonata II, op.12 del napoletano Nicola Porpora, maestro di Farinelli e di Haydn, che sulla falsariga della Sonata IV dall’op.5 di Corelli elabora un ordito dai colori melodici in forte risalto, particolare sicuramente ascrivibile alla frequentazione ch’egli ebbe col canto, testimoniato dai 6 oratori e dalle 37 opere che scrisse. Non è d’altronde irrilevante che Porpora, nel periodo trascorso a Londra dal 1733 al 1736, venne messo in competizione – da parte dei membri dell’Opèra of the Nobility – con Haendel: molti dei suoi componimenti strumentali portano il marchio vivace della sua feconda vena lirica.

Personaggio altrettanto singolare fu Francesco Maria Veracini che occupa una posizione peculiare tra i musicisti dell’ultima stagione barocca. Dalla personalità profondamente innovatrice, proiettò il suo comporre verso un nuovo mondo sonatistico, portando alle estreme conseguenze la sonata barocca e presagendo l’imminente classicismo. Oltre alle 12 fondamentali Dissertazioni sopra l’Opera Quinta del Corelli, la più importante raccolta di Veracini è proprio quella delle 12 Sonate accademiche, op.2, dalla quale viene qui presentata la Sonata VIII. L’aggettivo qualifica la destinazione di questi lavori alle accademie musicali e le singole sonate, in 4 o 5 movimenti, esemplificano le «Intenzioni dell’Autore» dimostrando «ricchezza et ornamento del Libro e per dare maggior divertimento agl’Amatori e Dilettanti».

Componimenti di ardita tecnica e di ampia struttura, hanno al centro dei loro interessi creativi la ricerca espressiva di cui è pronta testimonianza l’utilizzo del crescente, del decrescente e la precisazione grafica delle arcate. Stilemi musicali del presente e intuizioni personali danno piena cifra delle sperimentazioni attuate: si veda per esempio l’utilizzo dei Ritornelli, idioma tipico del mondo operistico e che si aggiunge alle elaborazioni contrappuntistiche ed armoniche che danno alla sonata quella concezione unitaria e ciclica che è uno dei suoi maggiori apporti all’evoluzione della forma.

Chiude il programma la celebre Sonata in sol minore “Il trillo del diavolo”, che deve il titolo a un sogno: Tartini raccontò all'astronomo e memorialista francese Jean Jacques de Lelande che una notte del 1713 aveva sognato che il diavolo, per dimostrargli che sapeva suonare il violino, avesse eseguito sullo strumento una musica fantastica, inaudita, che lo aveva stordito per l’ineffabile bellezza e che, al suo risveglio, aveva tentato di riprodurre. Il risultato di questo tentativo è questa Sonata nei quattro tempi tipici del Barocco. Ma con alcune particolarità: il primo movimento è infatti un Larghetto espressivo, semplice ed “affettuoso”, basato su un tema che ritornerà trasformato anche nei movimenti seguenti. Il secondo movimento è un ampio e complesso Allegro che riserva al violino svariati passi virtuosistici e chiede allo strumento a tastiera non più la sola realizzazione del basso continuo ma anche qualche spunto dialogico col solista.

Ancora più articolata è la struttura del terzo movimento, all’inizio patetico e dolente e che si fonde con l’Allegro conclusivo, infuocato e incalzante, introducendolo e poi interrompendolo due volte, prima che una cadenza ad libitum concluda la Sonata: tre lunghe serie di trilli (la prima di diciotto misure) su note progressivamente più acute (mentre al grave prosegue la melodia) hanno guadagnato alla Sonata il celebre sottotitolo (attribuitole come lo conosciamo oggi dagli allievi di Tartini, dato che il compositore la chiamava Sonata del diavolo). Se alla base della sua tecnica violinistica Tartini poneva l'assoluta padronanza dell'arco, questa Sonata ne è la diabolica quintessenza.

Pierpaolo Zurlo

Curiosando

1653

A Monaco di Baviera viene fondata quella che poi diverrà nel tempo l’Opera bavarese, su iniziativa di Enrichetta Adelaide, nata principessa di Savoia e divenuta Elettrice di Baviera come consorte di Ferdinando Maria Wittelsbach.
La cerimonia d’inaugurazione è coronata dall’esecuzione de L'arpa festante di Giovanni Battista Maccioni (suo maestro d’arpa, per l’appunto), la prima opera a venir interamente composta e prodotta in Germania. Più vicina, per forma e durata, alla cantata drammatica, L'arpa festante rimane comunque un dramma in musica, dotato di recitativi, arie, duetti ed un coro finale. La partitura è oggi conservata alla Biblioteca di Stato austriaca.

1767

Il 12 marzo, al Palazzo Arcivescovile di Salisburgo, viene eseguito l’oratorio Die Schuldigkeit des ersten Gebotes, K.35 (Il dovere del primo comandamento), un dramma sacro composto da Wolfgang Amadeus Mozart su libretto del poeta salisburghese Ignaz Anton von Weiser. Mozart lo definisce, nel titolo, Geistliches Singspiel (Singspiel spirituale) ed è un lavoro scritto nella tradizione del dramma della scuola dei gesuiti del XVII e XVIII secolo.
Solo la prima parte viene composta da Mozart, probabilmente aiutato dal padre Leopold; la seconda e la terza vengono completate rispettivamente da Michael Haydn e Anton Cajetan Adlgasser.
Due mesi dopo, il 13 maggio, all' Università di Salisburgo va in scena la prima vera opera di Mozart, allora undicenne: Apollo et Hyacinthe, K. 38, su libretto in latino di Rufinus Widl.