NOTE DI SALA
Ludwig van Beethoven (Bonn, 1770– Vienna, 1827)
Sonata in fa maggiore, Op. 54
- In tempo di Minuetto
- Allegretto
Tra le sonate per pianoforte l’Op. 54 occupa una posizione particolare. A causa della sua struttura e delle scelte stilistiche infatti, musicologi e critici hanno ingaggiato proverbiali dibattiti che ancora oggi non hanno trovato una definitiva risoluzione. Alcuni hanno voluto intravedere nelle scelte stilistiche di Beethoven una sorta di citazionismo ironico verso quella che era la maniera settecentesca classica di comporre un brano per pianoforte, mentre altri, hanno inteso nel mancato rispetto della forma sonata una sorta di sperimentale ricerca di libertà espressiva che sarebbe in seguito ricomparsa con forza nelle opere del periodo più tardo. Il brano, di breve durata, si articola in due movimenti. Nel Tempo di Minuetto iniziale un delicato primo tema apre il discorso ponendosi in totale antitesi col carattere marcato ed incisivo della seconda idea. Quest’ultima viene riesposta, mutando gradualmente carattere fino a fondersi con il tema iniziale. Il procedimento compositivo si ripete per giungere ad una sezione dove il primo tema ricompare adornato da numerosi abbellimenti. Una riproposizione finale della prima idea, stavolta sorretta da un pedale di fa, giunge ad un crescendo dal carattere affermativo per poi condurre il movimento alla sua delicata conclusione. Il secondo movimento Allegretto presenta una scrittura densa di semicrome che conferiscono un effetto di moto perpetuo. La dinamicità del discorso viene enfatizzata dalla comparsa di una figurazione ritmica sincopata e da cromatismi discendenti, giungendo poi al suo apice nell’impegnativa coda conclusiva.
Sonata in do maggiore “Waldstein”, Op. 53
- Allegro con brio
- Introduzione. Adagio molto
- Rondò. Allegretto moderato
Uno dei maggiori sostenitori di Beethoven fu il conte Ferdinand Ernst Gabriel von Waldstein. L’aristocratico, originario di Bonn, si rese subito conto delle enormi potenzialità del giovane Beethoven, raccomandandolo nel 1792 come allievo a Franz Joseph Haydn. Sembrerebbe che al momento della partenza per Vienna il conte abbia salutato Beethoven dicendogli che dalle mani di Haydn sarebbe riuscito a carpire, facendo propria, la genialità di Mozart. Il maestro di Bonn non dimenticò mai il suo benefattore e dodici anni più tardi, nel 1804, in un momento in cui von Waldstein si trovava in gravi difficoltà economiche, decise di dedicargli la sua sonata per pianoforte Op. 53. Tale sonata, nota anche col titolo “L’Aurora”, richiede all’esecutore una grande tecnica ed una notevole resistenza. Beethoven infatti, che in quel periodo era entrato in possesso di un pianoforte Erard, all’avanguardia sotto il profilo meccanico, spinse al limite delle nuove possibilità la scrittura, che raggiungere sonorità e tessiture mai viste prima. Originariamente al posto dell’Introduzione. Adagio molto era presente un Andante, rimosso, sembrerebbe, a causa di alcuni amici che ne criticarono l’eccessiva lunghezza. Conoscendo il carattere del compositore i motivi probabilmente erano altri, ma sta di fatto che l’opera venne riorganizzata assumendo la forma che conosciamo oggi. L’Allegro con brio declama apertamente l’intento di Beethoven d’esplorare le nuove possibilità acustiche dello strumento. Ad un inizio percussivo nel registro grave si contrappone un tema dal carattere celestiale. La purezza del momento lascia spazio ad uno sviluppo frenetico, dove momenti di tensione si alternano ad attimi più riflessivi, in un continuo turbinio di colori per giungere infine ad un’affermativa conclusione. Segue un Adagio dal carattere cupo e fortemente meditativo. Il discorso musicale, così energico ed esuberante nel movimento precedente, pare fermarsi come attonito di fronte ad un interrogativo al quale non è dato trovare una risposta. L’apparizione di un crescendo sembra fornire l’indizio decisivo alla soluzione del mistero ma anch’esso finisce per acquietarsi ritornando in quell’intima sonorità che trova la sua ragion d’essere in una singola nota conclusiva dalla quale può finalmente librarsi il Rondò finale. Il carattere brillante e delicato del tema iniziale si alterna con sezioni più ritmiche ed incalzanti in un energico crescendo generale, arrestato brevemente da una serie di pesanti accordi, la cui intensità tuttavia, diminuisce rapidamente lasciando spazio ad un elegante Presto che porta a conclusione il movimento.
Sonata in fa minore “Appassionata”, Op. 57
- Allegro assai
- Andante con moto
- Allegro ma non troppo
Tra le molte descrizioni esistenti relative all’Op. 57, quella che forse maggiormente si avvicina all’essenza di questa partitura ci è stata lasciata dal compositore francese Vincent d’Indy, che ne parlò in questi termini :“Lotta dolorosa, calma riflessiva, vittorioso entusiasmo sono le caratteristiche delle tre parti dell’opera ”. Allontanandosi dalle interpretazioni drammatico romantiche e anche dal titolo “Appassionata”, attribuito alla sonata dall’editore Cranz, che puntava a massimizzarne la diffusione, si può infatti tentare di cogliere la vera profondità di quest’opera, attraverso la quale, Beethoven ci offre un’esternazione di quelli che sono i sentimenti più profondi dell’animo umano. Il primo movimento Allegro Assai si caratterizza per una scrittura ricca di forti contrasti. La tensione si avverte sin dall’inizio dove un tema arpeggiato nel pianissimo, inframmezzato da una serie di quattro note ribattute al basso, che ricompariranno più volte nel corso del movimento, conduce ad un momento di inquieta sospensione che prelude ad un primo ed improvviso fortissimo. Da questo momento la tensione drammatica cresce progressivamente, venendo solo momentaneamente rasserenata dalla comparsa di un secondo tema, e subito incalzata nuovamente in un turbinio di contrasti cromatici ed armonici. Le due idee ormai giunte ad un intreccio sempre più frenetico si gettano in uno sviluppo che trascina l’ascoltatore in un ascolto paralizzante, senza respiro, sino all’arrivo della ripresa, dove la cellula ritmica fondamentale di quattro note, viene ripetuta più volte in rallentando, generando una trepidazione palpabile, che trova la sua risoluzione in una serie di fortissimi ribattuti dai quali si apre la strada verso una coda in tempo Più Allegro, che dopo una serie di episodi tempestosi e drammatici conduce il movimento ad una sommessa conclusione. All’estrema dinamicità del primo movimento si contrappone il successivo Andante con moto, presentato come un semplicissimo tema seguito da una serie di variazioni. Il carattere nobile e posato nasconde una grande intensità emotiva. Il movimento si conclude con il ritorno del tema principale, cui seguono due accordi arpeggiati, dei quali il secondo, proposto nella dinamica del fortissimo funge da preludio all’Allegro ma non troppo conclusivo. In quest’ultima parte i contrasti presenti precedentemente svaniscono, risucchiati all’interno di un vorticoso flusso di semicrome che non sembra lasciare spazio al respiro, eccezion fatta per una brevissima sezione centrale, dove il clima sembra rasserenarsi in attesa della sezione conclusiva, incoronata da un Presto diabolico che conduce il brano alla sua perentoria conclusione.
Jacopo Toso