GUIDA ALL'ASCOLTO - SCIORTINO E SOLISTI DEL TEATRO ALLA SCALA

Teatro Verdi Trieste, Riva 3 Novembre 1, Trieste
Lunedì 6 maggio 2024, ore 20:30

Bentornato Monsieur Poulenc!

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Francis Poulenc (Parigi 1899 - Parigi 1963)

Sonata per flauto e pianoforte FP 164

Francis Poulenc (Parigi 1899 - Parigi 1963)

Sonata per oboe e pianoforte FP 185

Francis Poulenc (Parigi 1899 - Parigi 1963)

Elegia per corno e pianoforte FP 168

Francis Poulenc (Parigi 1899 - Parigi 1963)

Sonata per clarinetto e pianoforte FP 184

Francis Poulenc (Parigi 1899 - Parigi 1963)

Trio per oboe, fagotto e pianoforte FP 43

Francis Poulenc (Parigi 1899 - Parigi 1963)

Sestetto per flauto, oboe, clarinetto, fagotto, corno e pianoforte FP 100

NOTE DI SALA

Francis Poulenc visita Trieste per l’ultima volta nel 1962, per un concerto il 12 febbraio in coppia con la sua musa, il soprano Denise Duval, organizzato dalla nostra Società, con programma incentrato sulla propria recentissima (1958) e drammatica La Voix humaine su testo (1930) dell’amico Jean Cocteau, che sarebbe scomparso, come lui, un anno dopo. L’accoglienza è trionfale, già alla stazione, con l’amico e collega Raffaello de Banfield, da tempo preminente figura di autore e organizzatore musicale, futuro sovrintendente e rinnovatore del teatro Verdi della città (1972-96). In quello stesso anno, Poulenc presiede il Concorso di composizione musicale Città di Trieste. Si compie così un legame con Trieste che aveva avuto, nel 1940, una tappa importante con un concerto in coppia con il tenore-baritono Pierre Bernac.  

L’occasione di stasera consente pure di rivedere l’immagine che abbiamo di Poulenc e della sua musica. Basta scorrere velocemente le precisazioni emotive che accompagnano le indicazioni canoniche dei singoli movimenti di ogni sonata che ascolteremo per cogliere a prima vista un codice utile per capire. Troviamo “malinconico”, “tristemente”, “deploration”, ma anche “giocoso, “divertissement” accanto ai consueti “allegro”, “presto”, “prestissimo”, associati per ossimori: un “Allegro malinconico” apre la prima Sonata in programma, quella per flauto. Anche sapere che buona parte dei lavori che seguono sono dedicati a colleghi e amici scomparsi aiuta a capire.

Al di là dell’immagine rilassata e lieve che vuole dare di sé, Poulenc è persona complessa, cosciente delle proprie contraddizioni, preda di lunghe depressioni che la maschera ufficiale non sempre scherma. A sessant’anni dall’improvvisa scomparsa (1963, per collasso cardiaco) la sua arte resiste al tempo. La varietà di accenti che in vita la relegava sullo sfondo ora diventa una linea d’ombra preziosa per cogliere le contraddizioni fra avanguardia radicale e pura conservazione. Vale la pena di ripercorrere alcune tappe di questo percorso frastagliato, concentrato sulla musica da camera per fiati e pianoforte, sapendo che restano appena accennate quelle legate al teatro, all’orchestra e – ancor più significative – alla voce e alla musica sacra.

Francis Poulenc nasce a Parigi nel 1899, da una famiglia particolare. Il padre Émile, austero e pio, è proprietario-gestore di un’impresa di famiglia fondata nel 1827 e cresciuta fabbricando e vendendo chimica fine, tanto da contribuire in modo decisivo alla formazione, nel 1928, del colosso chimico farmaceutico Rhône-Poulenc. La madre appartiene all’alta borghesia parigina, con vaste relazioni culturali e passione per il pianoforte. È da lei che Francis ha le prime lezioni, mentre il padre lo vorrebbe erede industriale, con studi alla Sorbona e non al conservatorio. Essere compositore senza studi formali resterà per Poulenc fonte di frustrazione e depressione.

Rimasto orfano di entrambi i genitori fra i sedici e i diciotto anni, Poulenc trova un maestro di pianoforte e mentore nella vita in Ricardo Viñes, il sommo interprete, amico e ispiratore di Ravel e Debussy. Anche grazie a Viñes, entra in contatto con il mondo culturale e musicale del tempo. Frequenta Paul Éluard, Louis Aragon, Guillaume Apollinaire. Inizia a scrivere musica. Il suo debutto con Rapsodie nègre (1917) è apprezzato perfino da Stravinskij.  In musica conosce Erik Satie e diventa amico di George Auric. Grazie a Auric entra in quello che, a posteriori e all’insaputa di tutti, Jean Cocteau battezza Groupe des six.

Il “gruppo” è eterogeneo come pochi. Include il fluviale e latineggiante Darius Milhaud assieme al franco-svizzero germanizzante Arthur Honegger. Louis Durey finirà per concentrarsi sulla politica. Germaine Tailleferre, l’unica donna, sarà in parte tarpata da infelici scelte matrimoniali e finirà fra le compositrici vittime del maschilismo in musica. L’amico Auric avrà grande successo con una sessantina di colonne sonore (A nous la liberté, Moulin Rouge, Rififi…).

Nei primi anni Venti il gruppo è già dissolto. Poulenc rimane, di fatto, l’unico a tenere in vita i principi costitutivi fissati da Cocteau. Cioè una musica priva delle nuvole impressioniste e dei turgori romantici, leggera e vivace, graffiante ma non troppo, aliena alle forme accademiche, attenta alle prospettive cubiste, surrealiste. Sarà la cifra che Poulenc manterrà per tutta la vita, conquistando rapido successo con il balletto Les biches (Ballets russes, 1924). Cifra fatta di note neoclassiche che rimandano a Domenico Scarlatti e François Couperin, miste a melodie espunte da Čajkovskij su passi da fox-trot e ragtime.  Segue una scelta azzeccata di titoli e produzioni. Esemplare è la collaborazione con la neo-clavicembalista Wanda Landowska che fa nascere il Concert champêtre (1929).

Arriviamo agli anni Cinquanta. Senza che, all’apparenza, Poulenc cambi la percezione che da sempre se ne ha. L’ascolto delle quattro composizioni che aprono il programma monografico di stasera sembrano davvero confermare. Tre s’intitolano Sonata e hanno la struttura in tre movimenti, sempre concisi: poco più di dieci minuti, sempre meno di quindici. A testimonianza dell’amore di Poulenc per la forma consolidata, la narrazione schietta, l’architettura lineare, mai artificiosa o complessa. Puro neoclassicismo, fuori dal tempo, dicono i critici ostili, gli ammiratori dell’avanguardia spinta. Probabilmente disturba il successo che quei lavori hanno e continuano ad avere presso esecutori e pubblico.

La Sonata per flauto e pianoforte FP 164 è infatti entrata nel repertorio dei maggiori flautisti del nostro tempo, dopo la prima esecuzione il 18 giugno del 1958 al festival di Strasburgo con solista Jean-Pierre Rampal e l’autore al pianoforte. Diventa in breve tempo la Sonata per flauto più eseguita, non meno di quella di Prokof’ev (Op. 94, 1942) che un poco serve da modello. Sembra scritta di getto e non si percepisce affatto la fatica che Poulenc ammette di aver fatto nel trovare gli equilibri giusti nel tempo non breve richiesto dalla composizione, ben cinque anni, dal 1952 al 1957. Nasce anche in ricordo della mecenate Elizabeth Sprague Coolidge. Ha un primo tempo rapsodico, con frequenti cambi di passo e di umore, momenti di pura cantabilità alternati ad altri di veloce e difficile esecuzione. L’ossimoro “Allegro malinconico” ne inquadra bene lo spirito. Segue il lirismo di una Cantilena che si snoda come melodia infinita, molto affine allo spirito dell’opera teatrale I dialoghi delle carmelitane che allora impegna Poulenc. Il finale intende rompere ogni malinconia, prescrive ritmo acceso e tono giocoso. E se c’è nostalgia, è per le ironie irriverenti dei primi anni Venti.

L’ottimo successo della Sonata per flauto convince ancor più Poulenc della sua sintonia con gli strumenti a fiato e lo fa procedere nel progetto di un trittico di sonate che includa anche oboe e clarinetto. Nel 1962 nasce infatti la Sonata per oboe e pianoforte FP 185, intesa come omaggio alla memoria di Sergej Prokof’ev, un autore cui si sente assai vicino, originale e innovativo, senza essere radicale o rivoluzionario. Rispetto alla disposizione consueta, cambia la disposizione dei tre movimenti: lenti quelli laterali, veloce quello centrale. È nel secondo movimento che più intenso si nota il tributo a Prokof’ev: lo sprizzare del pianoforte nelle brillanti sezioni laterali, il canto spiegato in quella centrale, dove è quasi letterale la citazione di un frammento della sonata per flauto del defunto collega russo.  Una sobria elegia serve da primo movimento e un ancor più raccolto lamento chiude uno dei lavori cameristici più intensi e intimi del (presunto) irriverente Poulenc.

Legata al ricordo di un amico scomparso è l’Elegia per corno e pianoforte FP 168 che il programma inserisce fra le ultime due sonate. La memoria è per Dennis Brain, vittima di un incidente automobilistico a 36 anni, nel pieno di una carriera che l’aveva portato all’eccellenza nel repertorio antico e moderno del difficile corno. Per una decina di minuti, l’Elegia di Poulenc esplora tutte le risorse dello strumento, soprattutto quelle liriche e cantabili, ma anche quelle sonore, con violente interpunzioni che rendono drammatico, oltre che vario, un percorso musicale che sembra non avere fine. La data di composizione è 1957.

Nel 1962, e sempre in ricordo di un amico, nasce la Sonata per clarinetto e pianoforte FP 184.  L’amico scomparso (nel 1955) è Arthur Honegger, già componente del Gruppo dei sei e rimasto attivo come autore di musiche assai seriose e all’apparenza molto diverse da quelle di Poulenc. La sonata, fra l’altro, è una delle più severe, con la componente giocosa ben temperata e attenzione ancora maggiore per l’espressione lirica. Si sente bene nel movimento centrale, breve, asciutto, con il clarinetto che si muove nel registro centrale, il più caldo. Torna la disposizione consueta Allegro-Adagio-Allegro, però con il primo movimento definito (con l’ormai ben noto ossimoro) “Allegro tristemente” e una consueta costruzione libera, quasi improvvisata. Solo nel finale “Allegro con fuoco” sembra sciogliersi la malinconia, ma è quasi una disperata ricerca di tornare al passato vivace e scanzonato. Per una beffa del destino, Poulenc avrebbe dovuto accompagnare il clarinettista Benny Goodman (che aveva commissionato il lavoro) alla prima esecuzione alla Carnegie Hall di New York il 10 aprile 1963, ma è sostituito al pianoforte da Leonard Bernstein. Lui era scomparso all’improvviso il 30 gennaio.

Di sicuro tanta concentrazione sulla musica del ricordo, con un filo di tristezza che emerge in ogni momento, è legato a fatti contingenti dell’ultimo decennio. Però è certo che lo stile di Poulenc cambia drasticamente nel 1936. Ancora una volta conta la scomparsa di un amico caro. Però c’è un pellegrinaggio al santuario di Rocamadour, abbarbicato sulla roccia di una falesia, con le sue tante cappelle, con la sua Vergine nera. Poulenc qui ritrova una fede cattolica ereditata dal padre e una consapevolezza di sé conculcata per anni da un’autoinflitta camicia di forza. Scrive subito le Litanies à la Vierge noir, una messa in stile antico, inizia la svolta che lo porterà al capolavoro teatrale I dialoghi delle carmelitane (1957). Trova nuovo rifugio nella voce umana e nell’accompagnare cantanti in pubblici concerti.

Procedendo a ritroso, con il nostro programma ci ritroviamo negli anni Venti (1924-26) con il Trio con oboe e fagotto FP 43 e negli anni Trenta (1932) con il Sestetto FP 100. Appaiono autoesplicanti in forma e contenuto, eppure, con il senno di poi, la loro gaia freschezza giovanile ci può apparire con luce diversa.

Enzo Beacco

Curiosando

1958 50 anni dopo essere stato composto viene eseguito per la prima volta il Concerto n.1 per violino di Béla Bartók, mentre a Spoleto nasce il Festival dei due Mondi.  Il 29 Luglio nasce la NASA, in un anno dove quasi due terzi dei  lanci di nuovi satelliti fallirono l’entrata in orbita. A Brussel,  viene inaugurato l’iconico edificio dell’Atomium, e il 1 Gennaio nasce la CEE.

1962 I Beatles partecipano ad un’audizione alla Decca Records ma vengono scartati: “musica poco interessante e poi sono di Liverpool” scrissero nella valutazione. Ad inizio Luglio, le prime trasmissioni TV in diretta transatlantica via satellite, mentre a Novembre viene installata la prima protesi d’anca ad un paziente inglese.  Giorgio Bassani pubblica Il Giardino dei Finzi Contini.

1957 West Side Story, di Leonard Bernstein debutta a Broadway, mentre Il Musichiere in Italia porta in TV Gorni Kramer e Maria Callas incontra Aristotele Onassis. In Autunno i lanci di Sputnik 1 e Sputnik 2 inaugurano l’era spaziale e nasce il linguaggio per computer FORTRAN. Negli scavi in un villaggio indiano nel Maine viene trovata una moneta vichinga del Re Olaf dell’anno 1100.

1924 Un esperimento di musica moderna era il titolo del concerto dove debuttò in pubblico la Rapsodie in Blue. Vengono realizzati il vaccino per il tetano e quello per la scarlattina. A Chamonix si svolgono le prime Olimpiadi Invernali, ma le discipline di sci alpino non esistono ancora!  Due giorni dopo la scoperta, Carter richiude la tomba di Tutankamen “per protesta” contro le autorità.

1932 Henri Cartier-Bresson scatta la famosa foto Dietro la Stazione di Saint-Lazare e la intitola “l’attimo è tutto”. Durante un esperimento di trasmissioni radio a lunga distanza, Radio Luxembourg scopre, per caso, che la ionosfera le riflette.  La CocaCola diventa il primo “fornitore ufficiale” dei giochi olimpici invernali anche se all’epoca la parola Sponsor non esisteva ancora.