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Ludwig van Beethoven - Sonata in sol minore op. 5 n. 2
Giovanni Sollima - Tema III da Il Bell'Antonio
Eliodoro Sollima - Aria
Deftones - Passenger (ascolteremo la trascrizione per violoncello e pianoforte)
Giovanni Sollima - Sonata 2050
Felix Mendelssohn Bartholdy - Sonata in si bemolle maggiore op. 45
S.O.A.D. (System Of A Down) - Chop Suey (ascolteremo la trascrizione per violoncello e pianoforte)
(english text below)
Il programma di questa sera si focalizza sul repertorio per violoncello e pianoforte, mettendone in luce i diversi gradi di integrazione cameristica. Si parte dalla Sonata in sol minore op. 5 n°2 (1796) di Ludwig van Beethoven (1770–1827), composta durante gli anni di formazione del compositore tedesco. In quel periodo i suoi sforzi musicali erano indirizzati a crearsi una solida reputazione all’interno della cerchia musicale a Vienna, frequentando ricchi mecenati, gareggiando con virtuosi di passaggio per dimostrare la propria superiorità pianistica e componendo pezzi d’occasione o per concerti privati di musica da camera. Il 1796 è l’anno nel quale Beethoven intraprese la sua tournée di concerti a Praga, Dresda, Lipsia, Berlino e Bratislava, suscitando ovunque grande ammirazione per le sue notevoli capacità pianistiche. A Berlino gli fu concesso l’onore di suonare davanti al re Federico Guglielmo II di Prussia, ottimo violoncellista, al quale presentò le due Sonate per pianoforte e violoncello op. 5 e le 12 variazioni su un tema dall’oratorio Judas Maccabaeus di Georg Friedrich Händel WoO 45. Il re ne fu talmente colpito da regalargli una tabacchiera d’oro colma di monete, che fu motivo di orgoglio e vanto per il giovane compositore.
Una rapida occhiata alla partitura della Sonata in sol minore ci conferma l’impressione che doveva suscitare la sua padronanza dello strumento: la struttura ampia e monumentale privilegia una scrittura molto virtuosistica per il pianoforte, che domina incontrastato sul violoncello in entrambi i movimenti. Si trattava in effetti del gusto dell’epoca: la rapida ascesa del fortepiano (precursore del pianoforte moderno) dopo il 1780 e la comparsa di numerosi virtuosi su questo strumento incoraggiò compositori ed editori a pubblicare composizioni che ne esploravano le possibilità esecutive. Molto popolare in quegli anni fu il genere della sonata per fortepiano con l’accompagnamento di un altro strumento, solitamente un violino, un flauto o un violoncello che però fungeva da mero riempitivo. La continua richiesta di composizioni da suonarsi in concerti privati ne determinò una rapida diffusione, tanto che numerose composizioni per fortepiano furono arrangiate per essere accompagnate da un altro strumento. La Sonata in sol minore op. 5 si inserisce in questa tradizione, pur presentando già importanti novità: l’introduzione lenta del primo movimento (Adagio sostenuto ed espressivo – Allegro molto più tosto presto) con le sue intricate modulazioni prelude già alle arditezze armoniche ed espressive del periodo maturo di Beethoven che inizierà di lì a pochi anni.
L’inizio dell’Ottocento coincide anche con la fioritura di composizioni cameristiche sempre più impegnative e riservate a interpreti di talento. Beethoven stesso contribuì alla creazione di veri e propri capolavori dove il ruolo degli altri strumenti finalmente viene equiparato a quello – sempre molto virtuosistico – del pianoforte. Splendidi esempi di sonate per pianoforte e violoncello (la netta predilezione per lo strumento a corde percosse si nota anche dai titoli) furono scritti da Felix Mendelssohn, Frédéric Chopin, Johannes Brahms, Camille Saint-Saëns e molti altri. Nel caso di Mendelssohn (1809–1847), la Sonata in si bemolle maggiore op. 45 (1838) si inserisce in un periodo molto intenso dal punto di vista concertistico come pianista e direttore d’orchestra, caratterizzato da numerosi inviti all’estero e da fruttuose collaborazioni con musicisti provenienti da tutta Europa. In quegli anni il compositore tedesco di origine ebraica era residente a Lipsia, dove organizzava regolarmente dei concerti “storici”. L’intento di Mendelssohn era di recuperare grandi capolavori del passato e di promuovere la produzione musicale dei suoi contemporanei. Fu proprio in questa città che nel 1839 diresse per la prima volta la Sinfonia in do maggiore D944 di Franz Schubert, il cui manoscritto fu scoperto da Robert Schumann solo l’anno prima. Questa posizione ambivalente si riflette anche nelle sue composizioni, fortemente ancorate alla tradizione classicistica nella forma, ma ribollenti di spirito romantico nel contenuto. La Sonata in si bemolleop. 45, ad esempio, esplora le qualità espressive di entrambi gli strumenti. Ogni movimento è basato su un’idea musicale, che va dai temi sinuosi che introducono il primo (Allegro vivace) e il terzo movimento (Allegro assai) fino al breve motivo puntato nel nostalgico secondo movimento (Andante).
Con l’avvento del Novecento, il progressivo ampliarsi della tavolozza sonora porta a nuove scoperte ed innovazioni nel campo della tecnica esecutiva. Ma rivoluzionare non significa rinnegare il passato. Tantissimi compositori scrivono con un occhio rivolto alla tradizione, continuando ad omaggiare stili e maestri del passato: è il caso del pianista e compositore Eliodoro Sollima (1926–2000) che nella sua Aria (1945) richiama le composizioni strumentali del Seicento e del Settecento basate su modelli vocali, danze o semplicemente melodie popolari – basti ricordare la celebre Aria di Johann Sebastian Bach, magistralmente variata nelle Variazioni Goldberg BWV 988. L’Aria di Sollima, pur composta per quattro diversi organici strumentali (quartetto d’archi, violoncello e pianoforte, violoncello e archi, quartetto di violoncelli), mantiene intatta questa dimensione del canto, caratteristica a quanto pare di molte sue composizioni anche del periodo più tardo. Un canto che all’epoca doveva essere anche di liberazione, dopo aver trascorso diverse notti nei rifugi antiaerei per ripararsi dai pesanti bombardamenti durante la seconda guerra mondiale, studiando su una tastiera disegnata e perciò muta.
Anche il figlio Giovanni Sollima (1962) si cimenta nella composizione, esplorando epoche e generi diversi. Il suo Tema III (2005), ad esempio, è tratto dalla colonna sonora composta per la miniserie televisiva Il Bell’Antonio, ispirata come il celebre film con Claudia Cardinale e Marcello Mastroianni al romanzo di Vitaliano Brancati (1949). Sembra quasi che la scrittura minimalista rifletta le rigide convenzioni sociali del tempo, lasciando intravedere a poco a poco le brulicanti passioni che sconvolgono il protagonista del romanzo. La Sonata 2050 (2015) coniuga invece il passato con il futuro in uno stile quasi atemporale. Il primo movimento (Allegro con brio) parte da un frammento tratto dalla Sonata per pianoforte e violoncello in mi bemolle maggiore op. 64 di Ludwig van Beethoven, pubblicata dall’editore Artaria nel 1807, sviluppandone le idee fino a raggiungere dimensioni quasi siderali nel secondo movimento (Mosso). Il terzo movimento (Andante calmo) integra il Preludio BWV 998 per liuto o clavicembalo di Johann Sebastian Bach, risvegliando curiose riflessioni nel compositore dopo aver completato la partitura: »Mi sono reso conto soltanto dopo che Bach dovrebbe essere ancora in viaggio nello spazio dal 1977 all'interno della sonda Voyager, in compagnia di altri messaggi sonori, e che il 2050 – data che avevo indicato a caso – è un suo anniversario«
Sara Zupančič
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This evening's program focuses on the cello and piano repertoire, highlighting the different degrees of chamber integration. It starts from the Sonata in G minor op. 5 n°2 (1796) by Ludwig van Beethoven (1770–1827), composed during the German composer's formative years. At this time his musical endeavors were aimed at establishing a solid reputation within the musical circle in Vienna, associating with wealthy patrons, competing with passing virtuosos to prove his piano superiority, and composing pieces for private concerts or occasion. chamber. 1796 is the year in which Beethoven undertook his concert tour in Prague, Dresden, Leipzig, Berlin and Bratislava, arousing great admiration everywhere for his remarkable piano skills. In Berlin he was granted the honor of playing before King Frederick William II of Prussia, an excellent cellist, to whom he presented the two Sonatas for piano and cello op. 5 and the 12 variations on a theme from Georg Friedrich Handel's oratorio Judas Maccabaeus WoO 45. The king was so impressed that he gave him a golden snuffbox filled with coins, which was a source of pride and pride for the young composer.
A quick glance at the score of the Sonata in G minor confirms the impression that his mastery of the instrument must have aroused: the large and monumental structure favors a very virtuosic writing for the piano, which dominates unchallenged on the cello in both movements. This was indeed the taste of the time: the rapid rise of the fortepiano (precursor of the modern piano) after 1780 and the emergence of numerous virtuosos on this instrument encouraged composers and publishers to publish compositions that explored its performance possibilities. Very popular in those years was the genre of the sonata for fortepiano with the accompaniment of another instrument, usually a violin, a flute or a cello which, however, served as a mere filler. The continuous demand for compositions to be played in private concerts led to their rapid diffusion, so much so that numerous compositions for fortepiano were arranged to be accompanied by another instrument. The Sonata in G minor op. 5 fits into this tradition, although it already presents important innovations: the slow introduction of the first movement (Adagio sostenuto ed expressivevo – Allegro molto pi tosto presto) with its intricate modulations is already a prelude to the harmonic and expressive daring of Beethoven's mature period will start in a few years.
The beginning of the nineteenth century also coincides with the flowering of increasingly demanding chamber compositions reserved for talented performers. Beethoven himself contributed to the creation of real masterpieces where the role of the other instruments is finally equated to that - always very virtuosic - of the piano. Splendid examples of sonatas for piano and cello (the clear predilection for the struck string instrument can also be seen from the titles) were written by Felix Mendelssohn, Frédéric Chopin, Johannes Brahms, Camille Saint-Saëns and many others. In the case of Mendelssohn (1809–1847), the Sonata in B flat major op. 45 (1838) is part of a very intense period from a concert point of view as a pianist and conductor, characterized by numerous invitations abroad and by fruitful collaborations with musicians from all over Europe. In those years, the German composer of Jewish origin lived in Leipzig, where he regularly organized "historic" concerts. Mendelssohn's intention was to recover great masterpieces of the past and to promote the musical production of his contemporaries. It was in this city that in 1839 he conducted for the first time the Symphony in C major D944 by Franz Schubert, whose manuscript was discovered by Robert Schumann only the year before. This ambivalent position is also reflected in his compositions, strongly anchored in the classicist tradition in form, but seething with a romantic spirit in content. The Sonata in B flat op. 45, for example, explores the expressive qualities of both instruments. Each movement is based on a musical idea, ranging from the sinuous themes that introduce the first (Allegro vivacious) and third movements (Allegro assai) to the short dotted motif in the nostalgic second movement (Andante).
With the advent of the twentieth century, the progressive expansion of the sound palette leads to new discoveries and innovations in the field of executive technique. But to revolutionize does not mean to deny the past. Many composers write with an eye to tradition, continuing to pay homage to the styles and masters of the past: this is the case of the pianist and composer Eliodoro Sollima (1926-2000) who in his Aria (1945) recalls the instrumental compositions of the seventeenth and eighteenth centuries based on vocal models, dances or simply popular melodies - it is enough to recall the famous Aria by Johann Sebastian Bach, masterfully varied in the Goldberg Variations BWV 988. The Sollima Aria, although composed for four different instrumental ensembles (string quartet, cello and piano , cello and strings, cello quartet), maintains this dimension of singing intact, apparently characteristic of many of his compositions even from the later period. A song that at the time must also have been one of liberation, after spending several nights in air-raid shelters to take shelter from heavy bombing during the Second World War, studying on a drawn and therefore silent keyboard.
Even his son Giovanni Sollima (1962) tries his hand at composition, exploring different eras and genres. His Theme III (2005), for example, is taken from the soundtrack composed for the television miniseries Il Bell'Antonio, inspired, like the famous film with Claudia Cardinale and Marcello Mastroianni, by the novel by Vitaliano Brancati (1949). It almost seems that minimalist writing reflects the rigid social conventions of the time, gradually allowing a glimpse of the teeming passions that upset the protagonist of the novel. The Sonata 2050 (2015) instead combines the past with the future in an almost timeless style. The first movement (Allegro con brio) starts from a fragment taken from the Sonata for piano and cello in E flat major op. 64 by Ludwig van Beethoven, published by the publisher Artaria in 1807, developing its ideas until they reach almost sidereal dimensions in the second movement (Mosso). The third movement (Andante calmo) integrates Johann Sebastian Bach's Prelude BWV 998 for lute or harpsichord, awakening curious reflections in the composer after completing the score: »I only realized later that Bach should still be traveling in space since 1977 inside the Voyager spacecraft, in the company of other sound messages, and that 2050 – a date I had randomly indicated – is its anniversary«
Sara Zupančič
Curiosando
1796 – Nel mese di marzo Napoleone Bonaparte assume il comando dell'Armata d'Italia in qualità di generale. Già il mese seguente si lancia nella prima campagna d'Italia, sbalordendo mezza Europa con le sue strategie militari. Le conquiste francesi porteranno alla fine della Repubblica di Venezia, suggellata con il trattato di Campoformio nell'ottobre del 1797.
1838 – Il 28 giugno ha luogo l'incoronazione della regina Vittoria nell'abbazia di Westminster. Il suo lungo regno (1837–1901), denominato età vittoriana, rappresenta un periodo di relativa pace tra le grandi potenze europee, segnato dalla rivoluzione industriale, dal progresso scientifico e dall'espansione coloniale del Regno Unito. Nello stesso anno, il dottor Franz Gerhard Wegeler, amico d'infanzia di Ludwig van Beethoven, e Ferdinand Ries, suo allievo, pubblicano a Coblenza una raccolta di memorie dal titolo Biographische Notizen über Ludwig van Beethoven, prima fonte biografica oggettiva ed perciò affidabile sul grande compositore.
1945 – La seconda guerra mondiale si conclude con la resa incondizionata della Germania (8 maggio) e del Giappone (2 settembre). Negli ultimi mesi del conflitto, il compositore tedesco Richard Strauss compone uno studio per 23 archi solisti dal titolo Metamorphosen, nel quale grazie a citazioni beethoveniane e wagneriane esprime tutto il suo rammarico per lo stato nel quale versa il suo Paese.