GUIDA ALL'ASCOLTO / LISTENING GUIDE | CONCERTO N° 1491 | ALESSANDRO CARBONARE TRIO

Teatro Lirico G. Verdi Trieste, Riva 3 Novembre 1, Trieste
Lunedì 16 gennaio 2023, ore 20:30

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Alessandro Carobonare ci invita al concerto

Wolfgang Amadeus Mozart (Salisburgo 1756 - Vienna 1791)
Divertimento N.1 per 3 corni di bassetto K.439b

George Gershwin (New York 1898 - Los Angeles 1937)
Three Preludes, Allegro ben ritmato e deciso, Andante con moto, Allegro (arr. Luca Cipriano)

Klezmer Suite
variazioni e improvvisazioni su "Russian Melody" e "Odessa Bulgarish" (arr. Luca Cipriano)

NOTE DI SALA / HALL NOTES

(english text below)

Il programma di questa sera, dedicato alla famiglia dei clarinetti, ha una particolarità:a causa dello scarso repertorio scritto espressivamente per questo tipo di formazione che oltre al clarinetto in si bemolle comprende anche il corno di bassetto (ampiamente esplorato da Wolfgang Amadeus Mozart) e il clarinetto basso, è formato prevalentemente da trascrizioni (George Gershwin, Chick Corea, musica klezmer) o da composizioni nate su commissione (Stefania Tallini, Vincenzo DeFilippo). L’atto di trascrivere musica nata per un altro strumento potrebbe sollevare qualche obiezione, ma gli esecutori di questa serata vogliono ribadire la validità di questa pratica quando si tratta di valorizzare uno strumento non apprezzato abbastanza. E quindi ... cos’è la trascrizione? La parola trascrizione definisce la rielaborazione più o meno libera di un brano musicale. Di conseguenza si basa su materiale musicale preesistente arrangiato per un nuovo organico che ne permette la diffusione. Questa pratica è presente in tutti i periodi storici, in quanto è indissolubilmente legata all’esecuzione musicale, soprattutto quando si è costretti ad adattare melodie e ritmi per i pochistrumenti a disposizione.

L’interesse per la trascrizione aumentò dopo l’invenzione della stampa nel XV secolo, quando interessi commerciali ne regolarono l’uso per promuovere la vendita di composizioni arrangiate per vari organici. Con il passare dei secoli, la trascrizione divenne un importante mezzo di diffusione: prima dell’avvento della radio e del grammofono, le trascrizioni per pianoforte e altre formazioni cameristiche erano indirizzate all’esecuzione di musica sinfonica e operistica nel privato, mentre le elaborate parafrasi di temi popolari ad opera di grandi virtuosi del calibro di Franz Liszt (1811–1886) ne promuovevano la conoscenza. Non solo: molti compositori si sono formati con la trascrizione e l’elaborazione di grandi capolavori del passato per affinare la propria tecnica compositiva. La trascrizione ha quindi un ruolo importantissimo, in quanto alimenta la diffusione, l’esecuzione e l’educazione musicale, oltre ad arricchire il repertorio di strumenti spesso negletti.

Con l’applicazione del diritto d’autore, la trascrizione nel XX secolo assunse un’accezione vagamente negativa, in quanto si vieta la rielaborazione di composizioni protette dal copyright senza il permesso dell’autore. Anche la crescente preoccupazione per un’interpretazione “autentica” della musica antica ha spinto molti esecutori ad adottare edizioni ripulite di ogni aggiunta o alterazione che potesse allontanarli dall’idea originale del compositore. Questo nuovo atteggiamento verso la trascrizione in generale spinse molti ascoltatori a criticare quegli interpreti che ancora ne facevano uso, tanto che il pianista e compositore Ferruccio Busoni (1866–1924), famoso per le sue trascrizioni di composizioni bachiane e lisztiane, si sentì chiamato in causa. Nel suo celebre saggio

Entwurf einer neuen Ästhetik der Tonkunst (Abbozzo di una nuova estetica della musica), pubblicato per la prima volta nel 1907 proprio qui a Trieste, inserì la seguente constatazione dalle profonde implicazioni fenomenologiche: “Ecco quanto in definitiva ne penso: ogni notazione è già trascrizione di un’idea astratta. Nel momento in cui la penna se ne impadronisce, il pensiero perde la sua forma originale. L’intenzione di fissare l’idea con la scrittura impone già la scelta della battuta e della tonalità. Il mezzo formale e sonoro – per il quale il compositore deve pur decidersi – determinano sempre più via e limiti. È come con l’uomo. Nato ignudo e con inclinazioni ancora indeterminabili, l’uomo si decide, o a un dato momento è costretto, a scegliere una carriera. Seppure qualcosa dell’indistruttibile carattere originario tanto dell’idea musicale quanto dell’uomo permanga, tuttavia a partire dal momento della scelta essi vengono costretti in un tipo già classificato. L’idea diventa una sonata o un concerto, l’uomo un soldato o un sacerdote. Questo è un arrangiamento dell’originale.”  

Il concetto di originalità fu un problema di cui Ferruccio Busoni continuò ad occuparsi anche negli anni seguenti. In un saggio dal titolo Wert der Bearbeitung (Valore della trascrizione), scritto in occasione di un concerto a Berlino nel 1910, approfondì la questione, riconoscendo che la trascrizione fu spesso un mezzo per adattare la musica alla personalità e alle capacità tecniche dell’esecutore. E poiché molti virtuosi nella loro mediocrità travisarono le potenzialità espressive della musica trascritta, svilendone il contenuto, la trascrizione finì per perdere credibilità. Busoni afferma che solo attraverso lo studio approfondito delle composizioni bachiane ne comprese il valore intrinseco: “Per rialzare di colpo la natura della trascrizione nella considerazione del lettore a dignità d’arte, basta fare il nome di J.S. Bach. Egli fu uno dei trascrittori più fecondi di lavori propri e altrui, e precisamente nella sua qualità di organista. Da lui imparai a riconoscere una verità: che una musica buona, grande, «universale», resta la stessa qualunque sia il mezzo attraverso cui si faccia sentire. Ma allo stesso tempo imparai anche una seconda verità: che mezzi diversi hanno un linguaggio diverso (loro peculiare) col quale comunicano questa musica in modo sempre un po’ differente.” Le caratteristiche timbriche, espressive e tecniche dei singoli strumenti influiscono sulla scrittura e sul carattere del brano musicale. Ne era cosciente Wolfgang Amadeus Mozart (1756–1791) quando a partire dal 1783 organizzava incontri informali con amici e colleghi per sperimentare sempre nuove combinazioni vocali e strumentali. La sua predilezione andava al corno di bassetto, uno strumento a fiato appartenente alla famiglia dei clarinetti, vero e proprio ritratto della gravité onctueuse (untuosa serietà), come lo definì il compositore belga François-Auguste Gevaert nel suo Nouveau traité d’instrumentation (1885). Il suo timbro caldo e scuro, soprattutto nel registro medio-grave, ben si adatta alla musica massonica che Mozart componeva in quegli anni per la loggia Zur Wohltätigkeit e che successivamente ispirò le scene più solenni del Flauto magico (1791). Ma il corno di bassetto poteva esprimere anche la prostrazione delle eroine nelle opere Il ratto dal serraglio (1782) e La clemenza di Tito (1791), così come dell’incompiuto Requiem. Mozart decise di non limitarsi e di esplorare ulteriormente questo strumento dal suono leggermente nasale rispetto al clarinetto. I suoi cinque Divertimenti in fa maggiore K439b, dei quali stasera sentiremo soltanto il primo, sfruttano tutta l’estensione e di conseguenza tutte le sfumature timbriche dei tre corni di bassetto presentati in tre registri differenti. Il timbro è la caratteristica portante di questa composizione che alterna movimenti di carattere contrastante per esaltarne le infinite possibilità espressive. Il primo movimento adotta così la forma sonata, il terzo un adagio molto cantabile e il quinto un vivace rondò, con due minuetti che fungono da intermezzi danzanti. Una disposizione molto simile, anche se con l’aggiunta di nuovi movimenti, è presente anche nella Serenata in si bemolle maggiore K361 per dodici strumenti a fiato e un contrabbasso, composta all’incirca negli stessi anni e impreziosita da una rara ricercatezza sonora. Se il timbro è al centro della composizione mozartiana, il ritmo e l’armonia sono indubbiamente gli ingredienti principali dei Tre preludi di George Gershwin (1898–1937). Composti nello stesso periodo del Concerto in Fa per pianoforte e orchestra (1925–1926), compenetrano all’interno di una rigida struttura formale l’ambiguità armonica e il ritmo sincopato tipici del blues. Il primo preludio (Allegro ben ritmato e deciso) si sprigiona dal motivo melodico presentato all’inizio e in seguito sviluppato su un ostinato ritmico prontamente variato. Il secondo preludio (Andante con moto e poco rubato) si basa su un blues di 16 battute, dove l’ambiguità tra modo maggiore e minore viene esposta e ampiamente sfruttata. Il terzo preludio (Allegro ben ritmato e deciso) gioca invece con gli accenti ritmici mentre si alterna tra due melodie contrastanti per modo e carattere. Le complessità ritmiche e armoniche di Gershwin sembrano quasi sfiorare l’improvvisazione, elemento chiave della musica di Chick Corea (1941–2021), celebre jazzista americano recentemente scomparso. Curioso e instancabile esploratore di stili ed epoche diverse, nei suoi pezzi rielaborò influssi musicali che vanno da Bach fino alla musica rock.

Le trascrizioni presentate all’interno del programma di questa sera omaggiano i brani realizzati e registrati negli anni Settanta, infusi di ritmi latinoamericani, come ad esempio il ritmo discontinuo e sincopato della samba in Spain (1972) e Armando’s rumba (1976). Non solo: Spain si ispira alle melodie e alle progressioni armoniche del celebre adagio che il compositore Joaquín Rodrigo inserì nel suo Concierto de Aranjuez (1939). In questo caso si tratta di una doppia allusione, poiché Rodrigo si rifece a sua volta al flamenco, intessendo di melismi la parte del corno inglese e della chitarra solistaper richiamare alla mente dell’ascoltatore una saeta. Nata dalla commistione di canti ebraici, arabi e cristiani, la saeta incarna in maniera esemplare l’identità multietnica dell’Andalusia ed è tuttora molto apprezzata, tanto che le sue floride ornamentazioni accompagnano spesso le processioni religiose della Settimana santa. L’eterogeneo patrimonio musicale del Mediterraneo è omaggiato anche nella composizione Pizzica e Taslim del compositore Vincenzo De Filippo, mentre l’improvvisazione trova ampia espressione in C19 di Stefania Tallini, brano dedicato a Alessandro Carbonare durante la pandemia di Covid-19. I suoi ritmi complessi riflettono l’inquietudine di questo periodo così pieno di incertezze.

Il programma si chiude con una suite di musica klezmer che rielabora canti e danze di origine ebraica. Il bulgarish (o bulgar) presente nel brano Odessa bulgarish era un tipo di danza molto diffuso in Bessarabia, una regione storica fra la Moldavia e l’Ucraina che prima dei pogrom e dell’emigrazione in massa alla fine del XIX secolo contava su una forte presenza ebraica. Russian melody, invece, a dispetto del titolo ricalca il contorno melodico della canzone ucrainaРозпрягайте, хлопці, коні (Scendete da cavallo, ragazzi). Evidentemente a causa delle imperscrutabili, ma affascinanti modalità di diffusione all’interno della musica tradizionale questa melodia faceva parte anche del repertorio dei klezmorin, musicanti ebrei dell’Europa orientale che venivano ingaggiati per suonare ai matrimoni, ai balli e alle feste religiose. La variante ebraica presenta notevoli differenze rispetto a quella ucraina, probabilmente dovute all’assenza di un testo di riferimento e ai differenti contesti socioculturali nei quali veniva eseguita. Ma l’idea originale permane, come ci ricorda Ferruccio Busoni, poiché anche l’esecuzione, così come la notazione, non è altro che un riflesso: “Anche l’esecuzione di un pezzo è una trascrizione, e anche questa non potrà mai far sì che l’originale non esista – per quanto libera ne sia l’esecuzione. Giacché l’opera d’arte musicale sussiste intera e indenne prima di risuonare e dopo che ha finito di risuonare. È insieme dentro e fuori del tempo, e la sua essenza è quella che ci può dare una tangibile rappresentazione del concetto dell’idealità del tempo, altrimenti inafferrabile.”

Sara Zupančič

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Tonight's program, dedicated to the clarinet family, has one particularity: due to the scarce repertoire written expressively for this type of formation which, in addition to the clarinet in B flat, also includes the basset horn (widely explored by Wolfgang Amadeus Mozart) and the bass clarinet is made up mainly of transcriptions (George Gershwin, Chick Corea, klezmer music) or of compositions born on commission (Stefania Tallini, Vincenzo DeFilippo). The act of transcribing music born for another instrument could raise some objections, but the performers of this evening want to reaffirm the validity of this practice when it comes to enhancing an instrument that is not appreciated enough. And so… what is transcription? The word transcription defines the more or less free reworking of a musical piece. Consequently, it is based on pre-existing musical material arranged for a new staff that allows it to be disseminated. This practice is present in all historical periods, as it is inextricably linked to musical performance, especially when one is forced to adapt melodies and rhythms for the few instruments available.

Interest in transcription increased after the invention of printing in the 15th century, when commercial interests regulated its use to promote the sale of compositions arranged for various ensembles. Over the centuries, transcription became an important means of dissemination: before the advent of the radio and gramophone, transcriptions for piano and other chamber ensembles were aimed at the private performance of symphonic and operatic music, while the elaborate paraphrases of popular themes by great virtuosi of the caliber of Franz Liszt (1811-1886) promoted their knowledge. Not only that: many composers have trained with the transcription and elaboration of great masterpieces of the past to refine their compositional technique. Transcription therefore plays a very important role, as it feeds musical dissemination, performance and education, as well as enriching the repertoire of often neglected instruments.

With the application of copyright, transcription in the 20th century took on a vaguely negative meaning, as the reworking of compositions protected by copyright is prohibited without the author's permission. The growing concern for an "authentic" interpretation of early music has also pushed many performers to adopt editions cleaned of any additions or alterations that could distance them from the composer's original idea. This new attitude towards transcription in general prompted many listeners to criticize those interpreters who still used it, so much so that the pianist and composer Ferruccio Busoni (1866-1924), famous for his transcriptions of compositions by Bach and Liszt, felt called to cause. In his famous essay

Entwurf einer neuen Ästhetik der Tonkunst (Sketch of a new aesthetics of music), published for the first time in 1907 right here in Trieste, inserted the following observation with profound phenomenological implications: "Here is what I ultimately think: every notation is already a transcription of an abstract idea. The moment the pen takes possession of it, the thought loses its original form. The intention of fixing the idea in writing already requires the choice of beat and tonality. The formal and sound medium - for which the composer must decide - more and more determine ways and limits. It's like with man. Born naked and with still undeterminable inclinations, man makes up his mind, or at a given moment is forced, to choose a career. Although something of the indestructible original character of both the musical idea and of man remains, nevertheless starting from the moment of the choice they are forced into an already classified type. The idea becomes a sonata or a concert, the man a soldier or a priest. This is an arrangement of the original."

The concept of originality was a problem that Ferruccio Busoni continued to deal with even in the following years. In an essay entitled Wert der Bearbeitung (Value of transcription), written on the occasion of a concert in Berlin in 1910, he elaborated on the matter, acknowledging that transcription was often a means of adapting music to the personality and technical capabilities of the performer. And since many virtuosi in their mediocrity misrepresented the expressive potential of the transcribed music, debasing its content, the transcription ended up losing credibility. Busoni states that only through in-depth study of Bach's compositions did he understand their intrinsic value: "To suddenly raise the nature of the transcription in the consideration of the reader to the dignity of art, it is enough to mention the name of J.S. Bach. He was one of the most fruitful transcribers of his own and others' works, and precisely in his capacity as organist. From him I learned to recognize a truth: that good, great, "universal" music remains the same regardless of the medium through which it makes itself heard. But at the same time, I also learned a second truth: that different media have a different language (peculiar to them) with which they communicate this music in always a slightly different way." The tonal, expressive and technical characteristics of the single instruments influence the writing and character of the musical piece. Wolfgang Amadeus Mozart (1756–1791) was aware of this when, starting in 1783, he organized informal meetings with friends and colleagues to always experiment with new vocal and instrumental combinations. His preference was for the basset horn, a wind instrument belonging to the clarinet family, a true portrait of gravité onctueuse (greasy seriousness), as the Belgian composer François-Auguste Gevaert defined it in his Nouveau traité d'instrumentation ( 1885). Its warm and dark timbre, especially in the medium-low register, is well suited to the Masonic music that Mozart composed in those years for the Zur Wohltätigkeit lodge and which subsequently inspired the more solemn scenes of The Magic Flute (1791). But the basset horn could also express the prostration of the heroines in the works The Abduction from the Seraglio (1782) and La clemenza di Tito (1791), as well as the unfinished Requiem. Mozart decided not to limit himself and to further explore this instrument with a slightly nasal sound compared to the clarinet. His five Divertimenti in F major K439b, of which tonight we will hear only the first, exploit all the range and consequently all the timbral nuances of the three basset horns presented in three different registers. The timbre is the main feature of this composition which alternates contrasting movements to enhance its infinite expressive possibilities. The first movement thus adopts sonata form, the third a very singable adagio and the fifth a lively rondo, with two minuets acting as dancing interludes. A very similar arrangement, albeit with the addition of new movements, is also present in the Serenade in B flat major K361 for twelve wind instruments and a double bass, composed around the same years and enhanced by a rare sonic refinement. If timbre is at the center of Mozart's composition, rhythm and harmony are undoubtedly the main ingredients of George Gershwin's Three Preludes (1898-1937). Composed in the same period as the Concerto in F for piano and orchestra (1925-1926), the harmonic ambiguity and syncopated rhythm typical of the blues interpenetrate within a rigid formal structure. The first prelude (Allegro ben ritmato e decisive) springs from the melodic motif presented at the beginning and later developed on a rhythmic ostinato readily varied. The second prelude (Andante con moto e poco rubato) is based on a 16-bar blues, where the ambiguity between major and minor modes is exposed and widely exploited. The third prelude (Allegro ben ritmato e decisive) instead plays with rhythmic accents while alternating between two melodies that contrast in style and character. Gershwin's rhythmic and harmonic complexities almost seem to border on improvisation, a key element in the music of Chick Corea (1941-2021), the famous American jazz musician who recently passed away. Curious and tireless explorer of different styles and eras, in his pieces he reworked musical influences ranging from Bach to rock music.

The transcriptions presented in tonight's program pay homage to the songs created and recorded in the Seventies, infused with Latin American rhythms, such as the discontinuous and syncopated rhythm of the samba in Spain (1972) and Armando's rumba (1976). Not only that: Spain is inspired by the melodies and harmonic progressions of the famous adagio that the composer Joaquín Rodrigo included in his Concierto de Aranjuez (1939). In this case, it is a double allusion, since Rodrigo in turn refers to flamenco, interweaving the parts of the English horn and solo guitar with melismas to bring to mind the listener a saeta. Born from the mixture of Jewish, Arab and Christian songs, the saeta exemplifies the multi-ethnic identity of Andalusia and is still very popular, so much so that its flourishing ornaments often accompany the religious processions of Holy Week. The heterogeneous musical heritage of the Mediterranean is also honored in the composition Pizzica and Taslim by composer Vincenzo De Filippo, while improvisation finds ample expression in C19 by Stefania Tallini, a piece dedicated to Alessandro Carbonare during the Covid-19 pandemic. Its complex rhythms reflect the restlessness of this period so full of uncertainties. The program closes with a suite of klezmer music that reworks songs and dances of Jewish origin. The bulgarish (or bulgar) present in the piece Odessa bulgarish was a very common type of dance in Bessarabia, a historical region between Moldavia and Ukraine which before the pogroms and mass emigration at the end of the 19th century had a strong Jewish presence. Russian melody, on the other hand, despite the title, follows the melodic outline of the Ukrainian song Розпрягайте, хлопці, коні (Get off your horse, boys). Evidently due to the inscrutable but fascinating ways of its diffusion within traditional music this melody was also part of the repertoire of the klezmorin, Jewish musicians from Eastern Europe who were hired to play at weddings, dances and religious celebrations. The Hebrew variant has significant differences from the Ukrainian one, probably due to the absence of a reference text and the different sociocultural contexts in which it was performed. But the original idea remains, as Ferruccio Busoni reminds us, since even performance, like notation, is nothing but a reflection: "Even the performance of a piece is a transcription, and this too will never ensure that the original does not exist - however free its execution may be. Since the musical work of art exists intact and undamaged before it resounds and after it has finished resounding. It is both inside and outside of time, and its essence is that which can give us a tangible representation of the concept of the ideality of time, otherwise elusive."

Sara Zupančič

 

Curiosando

1783

L’imperatrice Caterina II, passata alla storia come Caterina la Grande, annette il khanato di Crimea alla Russia spingendo l’Impero ottomano a dichiararle guerra (1787–1792). Il 26 settembre dello stesso anno, al castello di Gennevilliers, Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais riesce a rappresentare in forma privata la sua controversa commedia dal titolo La Folle Journée, ou Le Mariage de Figaro, dalla quale Mozart pochi anni dopo trarrà il suo capolavoro operistico. Casualmente, il 1783 è anche l’anno del primo incontro tra il compositore e il librettista Lorenzo Da Ponte, con il quale oltre alle Nozze di Figaro (1786) creerà anche le opere Don Giovanni (1787) e Così fan tutte (1790).

1926

Francisco Franco viene nominato generale a soli 33 anni, nuova tappa nella sua scalata al potere. Già durante la guerra civile spagnola (1936–1939), che ispirò il Concierto de Aranjuez al compositore Joaquín Rodrigo, si fregia infatti del titolo di caudillo che manterrà fino alla morte nel 1975. Nello stesso anno, Ernest Hemingway dà alle stampe il suo primo romanzo The sun also rises, ambientato a Pamplona e ripubblicato con il titolo di Fiesta nel 1927.