Johann Sebastian Bach (Eisenach 1685 - Lipsia 1750)
Suite n. 3 in do maggiore BWV 1009 (1720 ca.)
- Prélude
Johann Sebastian Bach (Eisenach 1685 - Lipsia 1750)
Suite n. 3 in do maggiore BWV 1009 (1720 ca.)
György Ligeti (Târnăveni 1923 - Vienna 2006)
dalla Sonata per viola (1991-94)
Paul Hindemith (Hanau 1895 - Francoforte sul Meno 1963)
dalla Sonata per viola op. 25 n. 1 (marzo 1922)
Henry François Joseph Vieuxtemps (Verviers, Belgio 1820 - Mustapha Supérieur 1881)
Capriccio “Hommage à Paganini”, in do minore, op. 55 (1881)
Gart Knox (Dublino 1956)
da Viola Spaces, eight concert studies for viola: Nine Fingers (n. 4, 2007)
Joan Tower (New Rochelle, New York 1938)
Wild Purple (1998)
Ahmed Adnan Saygun (İzmir 1907 - Istambul 1991)
dalla Partita op. 31, per violoncello solo (1955)
Johann Sebastian Bach (Eisenach 1685 - Lipsia 1750)
dalla Suite n. 5 in do minore BWV 1011 (1720 ca.)
Kenji Bunch (Portland 1973)
The 3 Gs (2009)
È ormai da un secolo, se partiamo dai primi, avventurosi tentativi fatti dai Futuristi di slegare i movimenti danzanti dalle musiche d’accompagnamento strumentale, che l’espressione legata al corpo prescinde spesso completamente da un connubio con l’evento musicale che le è associata, arrivando anche al paradosso del più totale silenzio, in totale assenza di suono (esclusion fatta per quello prodotto dai ballerini). La nobiltà del corpo in movimento ha così affermato la propria valenza a pari livello delle partiture che, per un lungo lasso di tempo, hanno ipotecato l’attenzione del pubblico e che spesso prevedevano – accanto a rari momenti di reale danza – un costante ricorso alla pantomima.
È perciò sembrato inevitabile, da un certo momento in poi, grosso modo dalla fine degli anni ’40 del secolo scorso, che si facesse un ulteriore passo, in ambito coreografico, svincolando del tutto le coreografie dalle musiche selezionate che sempre più spesso, perciò, non appartenevano più al genere “balletto”.
Questa serata è, per l’appunto, uno di questi casi. Nata da una collaborazione transoceanica, è il caso di dirlo, ha l’ideazione e l’assemblaggio della parte musicale al di là dell’oceano Atlantico, nel Nuovo Mondo, e la realizzazione coreutica nel Vecchio Continente. I criteri con i quali sono state selezionate – da Hsin-Yun Huang – le parti musicali, sulle quali poi è stata edificata la coreografia, sono presto detti: l’esecutrice alla viola ha predisposto una serie di pagine accomunate da un'unica condizione, che i compositori fossero stati (o fossero tutt’oggi) dei violisti. A questa si affianca la prerogativa tecnica che ciascuna di queste composizioni deve fondarsi su un uso pronunciato della quarta corda del suo strumento, quella intonata sulla nota Do. L’estrema fantasia di accoppiamenti di pagine assai poco frequenti nei concerti nostrani dà perciò il titolo all’intero progetto: Fanta C (che si pronuncia “fanta-sy”) e che traduce il Do del nostro ordinamento musicale con la lettera C della tradizione anglo-sassone.
La selezione musicale è quanto di più eterogeneo, in apparenza, potrebbe aversi. In realtà la logica che sottende alla scelta dei brani privilegia quei momenti di ricerca e di sviluppo di una tecnica che poi hanno di fatto comportato l’ampliarsi d’una diversa sensibilità musicale e di conseguenza d’un diverso portato emozionale, più maturo, più consapevole, più proiettato verso nuovi limiti ed orizzonti sempre rinnovati. In altre parole, ognuno dei brani selezionati ha un livello di intelligibilità astratta tale da favorire una lettura coreutica senza ostacolarne la libera creatività. Partendo, quasi naturalmente, da Bach, del quale viene eseguito il Preludio dalla Terza Suite, BWV 1009 che è un sontuoso crescendo d'intensità emozionale che, per il tramite d’un virtuosismo mai fine a sé stesso, protrae l’intreccio di strutture ritmiche e motiviche sino alla fine, in una tensione strutturale che non viene mai meno e alla quale sembra rispondere il secondo lavoro in programma, Hora lungă, primo movimento tratto dalla Sonata per viola dell’ungherese György Ligeti. Qui la quarta corda dello strumento viene utilizzata in maniera esclusiva articolando una sorta di tema con due volte tre “ostinati di trasformazione” – separati dall’unica, breve pausa presente in partitura – il quinto dei quali costituisce l’acme dinamico, con un ffff lancinante che si trasfigura negli armonici finali, quasi a confermare la funzione del titolo che può tradursi tanto come “canto lento” quanto (in rumeno, seconda lingua del compositore) come “lenta orazione”.
Si torna a Bach, idealmente (e obliquamente), con il frenetico quarto movimento – Rasende Zeitmass. Wild (In tempo furioso. Selvaggio) – dalla seconda Sonata per viola, op. 25 di Paul Hindemith che si richiama esplicitamente alla prassi barocca della successione di movimenti alternati lenti e veloci: in questa selvaggia ridda di polifonici scontri, la voce della viola risalta in tutto il suo turgore, pieno e profondo, dando a questo movimento più che un senso d’irriverenza – come spesso viene sottolineato – un chiaro segno invece d’appartenenza non solo ad una cultura musicale, quella germanica, ricca di forza rigenerativa ma anche ad un’inedita fisionomia interpretativa dello strumento che avvicina questa pagina al preludio bachiano che apre la serata.
Il Capriccio “Hommage à Paganini”, op. 55 di Vieuxtemps è uno dei pochi lavori composti dall’autore per questo strumento: è l’ultima d’un gruppo di sei pagine (le prime cinque delle quali scritte per violino) pubblicate postume sotto vari numeri d’opus e risponde perfettamente al clima emotivo evocato dall’indicazione posta in exergo, “Lento, con molta espressione”. Il tono caldo e vibrante della corda grave dà a questo breve componimento quell’espressività pensosa ed assorta che si chiude con asciutta purezza formale sui pizzicati discreti e soffusi delle misure estreme. Pizzicati che trovano poi, però, piena definizione strutturale nel pervasivo spazio uditivo agito dalle nove dita dell’esecutore nel Nine Fingers di Gart Knox (violista del Quartetto Arditti) che ha inteso sviscerare le possibilità timbriche più fantasiose cui il gioco delle corde pizzicate a due mani può prestarsi in uno studio di risonanza ritmica e dinamica del tutto peculiare.
Wild Purple di Joan Tower, scritto per il violista Paul Neubauer che l’ha eseguito per la prima volta alla Merkin Concert Hall di New York City a settembre del 1998, è un’indagine sonora nata dalla convinzione dell’autrice che il timbro della viola sia di colore viola, per l’appunto. La sua sonorità profonda e seduttiva sembra per l’autrice incarnare tutte le sfumature di questo colore e questo lavoro risponde all’esigenza creativa di contrastare il tono delicato della tinta evocata, componendo un lavoro energicamente rude con pervasivi accenti d’acceso virtuosismo.
I due movimenti selezionati dalla Partita, op. 31 del turco Ahmed Adnan Saygun (qui presentati in una trascrizione per viola), l’Adagio e l’Allegretto, tornano idealmente al mondo bachiano: l’Adagio, forse il più bel movimento della Partita, sviluppa un gioco di virtuosismi che hanno nella Corrente barocca la loro evidente base strutturale. Utilizzando nell’originale tutt’e tre le chiavi di cui fa uso il violoncello (basso, tenore e soprano), il trasferimento nel suono corposo e meditativo della viola delle lunghe volute sonore di questa pagina non fa che intensificarne l’afflato lirico che viene poi confermato dagli ondeggianti orientalismi dell’Allegretto che segue. Incuriosisce il fatto che questa sontuosa pagina sia stata composta su richiesta del Consolato tedesco d’Istambul per celebrare il 150° anniversario della morte di Friedrich Schiller perché di tutto può essere evocatrice tranne che d’un tono funebre, legandosi tra l’altro in maniera magistrale alla Sarabanda dalla Quinta Suite, BWV 1011 che la segue e che di quella danza solenne e nobile è quasi l’epitome.
A chiusura del programma troviamo The 3 Gs di Kenji Bunch che contamina spesso sapientemente le sue musiche con elementi hip hop, jazz, bluegrass e funk con l’intento preciso di creare una mistura esplosiva di colori sonori. Risultato che consegue anche in questo lavoro nel quale tre delle quattro corde della viola vengono intonate sulla nota Sol (G nell’ordinamento musicale anglo-sassone) mentre la residua su quella di Re. In un unico movimento la “scordatura” genera una serie di campi ritmici a doppie e triple corde nella prima parte per poi estendersi in arpeggi rapidissimi nella seconda, in un’esplosione di difficoltà gradualmente sempre più esaltanti che chiudono in risonante bellezza questo originale spettacolo.
Pierpaolo Zurlo
Nell’anno di nascita di Gart Knox, il 10 gennaio esce Heartbreak Hotel di Elvis Presley, la canzone che diventerà uno dei suoi più grandi successi rendendolo famoso in tutto il mondo, e il 21 marzo Anna Magnani vince il Premio Oscar come miglior attrice protagonista del film La rosa tatuata.
L’anno in cui muore György Ligeti è l’anno che vede celebrarsi il 250° dalla nascita di Wolfgang Amadeus Mozart, il 400° dalla nascita di Rembrandt Harmenszoon Van Rijn, il più grande pittore olandese del XVII secolo, ed il 150° dalla nascita del celeberrimo elettrotecnico Nikola Tesla.
È anche l’anno in cui il Nobel per la letteratura va allo scrittore turco Orhan Pamuk.