Guida al'ascolto : IAN BOSTRIDGE - CAPPELLA NEAPOLITANA

Teatro G. Verdi Trieste, Riva 3 Novembre 1, Trieste
Lunedì 8 aprile 2024, ore 20:30

Ian Bostridge ci invita al concerto

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Francesco Cavalli (Crema 1602 - Venezia 1676)

Recitativo e Aria di Alessandro : “io resto solo”, “Misero così va” da  “Eliogabalo”

Alessandro Stradella (Bologna 1643 - Genova 1682)

Aria di Crudarte “Soffrirà, spererà” da “Il Corispero”

Marc’Antonio Cesti (Arezzo 1623 - Firenze 1669)

Sinfonia da “Argia”

Aria di Polemone “Berenice, ove sei ?”  da “Il Tito”

Antonio Sartorio (Venezia 1630 - Venezia 1680)

Sinfonia da “Orfeo”

Francesco Provenzale (Napoli 1632 - Napoli 1704)

Aria di Armidoro “Deh rendetemi ombre care” da “La Stellidaura”

Sinfonia da “Il Schiavo di sua moglie”

Aria di Selim “Che speri mio core” da “Il Schiavo di sua moglie”

Cristofaro Caresana (Venezia 1640 - Napoli 1709)

Aria del Principe “ Tien ferma fortuna” da “Le avventure di una fede”

Giovanni Legrenzi (Clusone 1626 - Venezia 1690)

Sinfonia da “Il Totila”

Leonardo Vinci (Strongoli 1690 - Napoli 1730)

aria di Cosroe “Gelido in ogni vena” da “Siroe”

Nicola Fago (Taranto 1677 - Napoli 1745)

Aria di Moisè “ Nuove straggi” da “Il Faraone sommerso”

Sinfonia da “Il Faraone sommerso”

Leonardo Vinci (Strongoli 1690 - Napoli 1730)

aria di Cosroe “Se il mio paterno amore “ da “Siroe “

Antonio Vivaldi (Venezia 1678 - Vienna 1741)

aria “Gelido in ogni vena” da “Il Farnace”

NOTE DI SALA

Oltre a darci l’occasione per ascoltare e conoscere rare e preziose gemme vocali, il programma di stasera consente una rapida escursione nel primo secolo di vita dell’opera per musica, il successivo melodramma italiano presto diventato universale. Sappiamo che la sua storia inizia nel 1607 a Mantova, con l’Orfeo di Claudio Monteverdi, con labili precedenti fiorentini. È così nella formula, che prevede una storia narrata con brevi recitativi e integrata/commentata da parti cantate a loro volta sostenute da dozzine di strumenti.

Non è così nella destinazione. Infatti, questo Orfeo è scritto per un teatro privato, per il palazzo di un regnante e con pubblico di invitati aristocratici. Il vero teatro d’opera, da proporre in luoghi pubblici e con spettatori casuali e paganti, inizia grazie a Francesco Mannelli, un laziale trasferito nel 1636 a Venezia. Fu sua l’idea, il finanziamento e la realizzazione, per la stagione di carnevale 1637 del teatro S. Cassiano, di L’Andromeda, una rappresentazione in musica in tre atti di quattro quadri ciascuno con personaggi mitologici (Giove, Giunone, Mercurio, Perseo…) che intonano versi di Benedetto Ferrari, a sua volta compositore in proprio e virtuoso di tiorba, oltre che librettista per sé e per altri.

La musica di L’Andromeda è perduta, ma il successo dell’operazione è confermata dalla stabile fortuna delle successive rappresentazioni di altre opere al San Cassiano e in altri teatri veneziani subito adeguati alla nuova forma di spettacolo. E ancor più testimoniato dal fatto che l’ormai anziano e celebrato Monteverdi, dal 1613 a capo della musica religiosa in San Marco, a quasi quarant’anni di distanza dall’Orfeo, decise di adeguare alle nuove condizioni di marcato il suo antico modello di teatro musicale. Compose tre nuove opere. Perduta la musica di Le nozze di Enea e Lavinia (1641), ci sono rimaste le partiture di Il ritorno di Ulisse in patria (1640) e L’incoronazione di Poppea (1643), al loro tempo bene accolte, a lungo dimenticate e, nell’ultimo mezzo secolo, tornate in corrente repertorio nei teatri lirici di tutto il mondo.

Il successo della formula, sùbito in Italia e presto nel resto d’Europa, fu merito di una folta schiera di autori, ora in buona parte trascurati, pur con qualche importante eccezione, come avremo modo di notare. Passate di moda le opere di Mannelli, furono quelle di Francesco Cavalli, nato a Crema ma adottato da un nobile veneziano, entrato a 14 anni come corista in San Marco dove fu poi organista (1639) e maestro di cappella (1668), grazie alla guida del suo mentore Monteverdi. Cavalli scrisse musica sacra, ma lo spirito teatrale prevalse. Del 1639 è la sua prima opera per il San Cassiano, Le nozze di Teti e Peleo. Seguirono non meno di altre quaranta opere, rappresentate nei numerosi teatri veneziani del tempo e portati in altre città da attive compagnie di giro. La fama si estese all’estero e nel 1660-62 Cavalli si trasferì a Parigi, chiamato dal cardinale Mazzarino, plenipotenziario di  Luigi XIV. Non fu una trasferta molto fortunata. L’adattamento del Xerses e soprattutto la nuova commissione Ercole amante furono boicottati dal concorrente fiorentino Giovanni Battista Lulli, autore della musica del balletto e favorito dal ballerino Re Sole. Servì quasi un secolo, con la Serva padrona del napoletano Pergolesi per affermare in Francia l’opera italiana. Non fu intaccata la fama a Venezia, dove Cavalli continuò a scrivere opere consolidando lo stile: storie mitologico-amorose, con protagonisti che intonano recitativi e cantano arie espressive o bellicose accompagnate da pochi strumenti, su scenografie essenziali per contenere i costi dell’allestimento e i profitti dell’impresa (sempre magri).

Molte delle opere di Cavalli sono state riprese e incise nel secondo dopoguerra (fra le altre: L’Egisto, prima rappresentazione 1646; Il Giasone, 164; L’Orione, 1653; Ercole amante, 1662). Almeno una (La Calisto, 1651) è entrata nel repertorio corrente. Assai postumo è stato il successo di Eliogabalo, di cui ascolteremo in apertura di programma un recitativo e aria del coprotagonista Alessandro. È l’ultima opera di cui ci è rimasta la musica, scritta per la stagione di carnevale del 1668 ma, giudicata fuori moda, fu sostituita all’ultimo momento da una del concorrente Giovanni Antonio Boretti. Medesima sorte sarebbe toccata nel 1672 a Massenzio. Eliogabalo è andata comunque in scena nel 1999, nella città natale di Crema e prontamente replicata altrove.

L’opera di Cavalli continuò ad avere fortuna a Roma, ma solo nel 1671, sfidando le ostilità papali e grazie alla compagnia di giro I Febi Armonici, da lui stesso addestrati. Anche grazie ad Alessandro Stradella, che di alcune opere curò allestimenti, aggiunse parti suonate e cantate, e ne sviluppò lo stile nelle proprie 6-8 opere in parte incomplete che ci sono state tramandate. Fra queste, di Il Corispero o l’Almesilla, databile circa 1677, c rimangono solo i primi due atti, con l’aria ”Soffrirà, spererà” inserita nel primo atto di una vicenda popolaresca e poco aulica, con “poesia piena di scurrilità” (nota un catalogatore dell’Ottocento). Autore fluviale di lavori chiesastici e noto avventuriero, Legrenzi è tuttavia rimasto nella storia della musica fra gli inventori della sonata per violino con basso continuo e del concerto grosso.

Fra i fondatori della musica strumentale barocca troviamo anche Giovanni Legrenzi, approdato a Venezia dalla bergamasca Clusone e attivo non solo in San Marco ma anche in teatro. La sua abilità di orchestratore si sente bene nella pur concisa Sinfonia dell’opera Il Totila (1677), una delle sue 19 opere che ci sono state tramandate, in tutto o in parte.

A Venezia, più che il citato Boretti e lo stesso Legrenzi, i maggiori successori e rivali di Cavalli furono Marc’Antonio Cesti e Antonio Sartorio. Il primo, nato ad Arezzo, apprendista e cantore in Toscana e a Roma, colse trionfi nei teatri veneziani (1651) e subito dopo nelle corti imperiali di Innsbruck e Vienna. Lo sfarzoso allestimento della sua opera Il pomo d’oro (1668) gli diede fama internazionale ma ebbe limitata diffusione per la macchinosità scenica. Grande diffusione ebbero invece L’Argia (Innsbrūck,1655) e Il Tito (Venezia, 1666).

Quel che per la diffusione dell’opera veneziana modellata da Cavalli nell’impero asburgico fece il toscano Cesti, nell’impero tedesco fece il veneziano Antonio Sartorio. Dopo il consueto apprendistato nella città natale, Sartorio si trasferì nel 1666 come maestro di cappella del duca Johann Friedrich di Brunswick-Lüneburg nel castello vicino a Hannover, tornando regolarmente a Venezia per dare il suo contributo alle stagioni del Carnevale. In una di queste occasioni (1672) fece rappresentare un suo Orfeo, forse omaggio all’antico predecessore, però con la narrazione drammatica interpolata con passaggi comici. In quello stesso 1672 compose, su urgente richiesta del teatro, in sole due settimane, la musica per la nuova opera Massenzio sostituendo quella scritta sul medesimo libretto dall’anziano maestro Cavalli, rifiutata durante le prove perché “priva di ariette”. La musica di Cavalli è perduta, quella Sartorio riposa in archivio.

Prima di arrivare a Roma, la compagnia itinerante I Febi Armonici aveva portato l’opera di Cavalli in vari centri del Meridione, impressionando soprattutto Napoli capitale. Qui trovò validi adepti. Francesco Provenzale si distinse per aver adattato per rappresentazioni nella sua città (ma anche a Venezia) alcune opere di Cavalli e per aver di fatto iniziato la scuola operistica locale, alleggerendo le trame e inserendo elementi popolareschi. Come dimostrano sia La Stellidaura vendicane (1674) e Lo shciavo di sua moglie (1682), che, peraltro, sono le sue due uniche sue opere teatrali non perdute.  Nato e formato a Venezia, Cristoforo Caresana arrivò a Napoli con la compagnia I Febi Armonici e vi si stabilì per il resto della vita, stimato autore di teatro e da chiesa. Delle sue opere rappresentate la musica è perduta mentre il manoscritto di Le avventure di una fede (circa 1675) è stato ritrovato di recente da Antonio Florio.

All’inizio del Settecento la scuola operistica napoletana è in pieno splendore, anche grazie alla didattica di Francesco Nicola Fago detto ilTarantino, allievo di Provenzano e suo successore nell’insegnamento al Conservatorio della Pietà. Fra gli altri allievi troviamo Leonardo Leo e Niccolò Jommelli. A sua volta, Fago fu autore di un buon numero di lavori per il teatro musicale, drammi e commedie, in lingua e in dialetto. Il faraone sommerso (1709) è un oratorio, dunque appartiene al genere sacro, ma la scrittura è quella dl teatro profano.

La sintonia fra Venezia e Napoli resta comunque perfetta grazie a un interscambio continuo. Con il caso emblematico di Leonardo Vinci, oriundo calabrese (di Strongoli, Crotone) che da Napoli, nel 1725, riuscì a esportare, con grande fortuna, a Venezi,a la sua La Rosmira fedele, rifacimento di Partenope (1722) dell’altro napoletano Domenico Sarro. Assieme a Farro, Vinci fu il primo a mettere in musica i versi di Metastasio, come nel caso di Siroe, re di Persia (1726).

 In ciò immediatamente seguito da Antonio Vivaldi, diventato impresario-compositore teatrale a tempo parziale nel 1713 (Ottone in villa) e a (quasi) tempo pieno nei decenni successivi. Il suo primo incontro con la poesia di Metastasio è appunto con la propria musica per Siroe (1727): il confronto con Vinci, sul medesimo testo “Gelido in ogni vena”, segnala reciproche influenze e distinte prospettive.

E dopo Sarro, Vinci, Vivaldi, poi con Hasse e fino a Mozart, sui versi di Metastasio fiorirà, nel Settecento, il melodramma italiano e il teatro in musica mondiale. 

Enzo Beacco

Curiosando

1667   “Antonius Stradivarius Faciebat Anno 1667” il violino poi suonato da Jelly d’Arányi 250 anni dopo. A Parigi Jean-Baptiste Denys medico personale del re Luigi XIV effettua la prima trasfusione della storia, da un agnello ad un ragazzo, salvandogli la vita. Pierre Corneiile pubblica, sempre a Parigi, Attila.
1677    A Settembre Henry Purcell viene nominato musicista di corte a Londra, mentre Antonie van Leeuwenhoek, scopre gli spermatozoi. Il frate francescano Louis Hennepin è il primo europeo a vedere le cascate del Niagara.
1655   Ad Amsterdam viene inaugurato il palazzo reale, mentre fa la sua comparsa nei testi di matematica il simbolo ∞ (infi nito). Vermeer dipinge Cristo a casa di Maria e Marta. La fl otta inglese invade la Jamaica, dichiarandola colonia.
1666   Carlo II d’inghilterra, appassionato di musica, crea la “King’s Italian Music”, mentre Bernini completa la Cattedra di San Pietro a Roma. La notte del 2 Settembre, da un fornaio, inizia l’incendio che distruggerà quasi tutta Londra.
1673   Molière, intepretando il protagonista, mette in scena Il Malato Immaginario, ma muore in scena durante la quarta replica. Vicino ad Oxford viene scoperto un femore di dinosauro, ma tutti pensarono a un “umano gigante”.
1674   A Parigi va in scena l’opera, con l’Alceste di Jean-Baptiste Lully. Il 4 dicembre 3 missionari e un gruppo di nativi americani fondano un villaggio che diventerà Chicago. Rinasce Panama City, distrutta dal pirata Morgan 4 anni prima.
1682   Luigi XIV trasferisce la corte a Versailles, ed in America La Salle gli intitola la Lousiana, nuova colonia alla foce del Missisipi. Il 23 Agosto compare nei cieli una grande cometa: è la cometa di Halley. I Turchi attaccano l’Austria.
1675   Marc-Antoine Charpentier compoone Ave Maris Stella. In Olanda Christiaan Huygens inventa il bilancere, creando gli orologi portatili meccanici moderni. Rinasce la St. Paul Cathedral a Londra, distrutta dal fuoco nel 1666.
1709   Mentre Vivaldi pubblica le 12 sonate per violino, a gennaio si ghiaccia per l’unica volta documentata l’oceano Atlantico sulle coste francesi e la Senna; il freddo distrugge i raccolti appena seminati, provocando una grave carestia.
1727   A Lipsia, prima della Passione secondo Matteo, di Bach. Mentre in Scozia viene inventato il Kilt, come vestiario da lavoro, Händel diventa cittadino britannico e compone l’Inno in uso ancora oggi per le incoronazioni reali.