GUIDA ALL'ASCOLTO CONCERTO N° 1475 | ZLATOMIR FUNG E RICHARD FU

Teatro Verdi Trieste, Riva 3 Novembre 1, Trieste
Lunedì 13 dicembre 2021, ore 20:30

David Popper (Praga 1843 - Baden 1913)
Temi dai “Little Russian Songs” per violoncello e pianoforte 

Franz Peter Schubert (Vienna 1797 - Vienna 1828)
Sonata in la minore "Arpeggione" per violoncello e pianoforte D 821

Esa-Pekka Salonen (Helsinki 1958)
"Knock, breathe, shine” per violoncello solo

Dmítrij Dmítrievič Šostakóvič (San Pietroburgo 1906 - Mosca 1975)
Sonata in re minore op. 40 per violoncello e pianoforte

NOTE DI SALA

Certi programmi aiutano ad aprire interessanti prospettive su angoli poco frequentati della storia della musica, anche contemporanea, che favoriscono non solo un’oggettiva e maggior conoscenza ma anche, e soprattutto, aiutano ad illuminare il contesto artistico nel quale queste figure si sono mosse (o si stanno muovendo, come nel caso di Esa-Pekka Salonen). Il primo autore considerato, David Popper, figlio d’un cantore della sinagoga di Praga, era perfettamente inserito nel suo tempo ed aveva cercato in più fasi di prendere addirittura contatto, riuscendoci, con i compositori più in vista di allora con i quali aveva poi suonato: e stiamo parlando di figure come Anton Bruckner, Richard Wagner, Johannes Brahms, Franz Liszt, Ernst Dohnányi, Jan Paderewski, Wilhelm Backhaus e Leopol'd Godovskij. Aveva iniziato una brillante carriera come violinista virtuoso finché, nel 1867, aveva debuttato a Vienna per ottenere, dopo breve tempo, il ruolo di primo violoncello nell’orchestra di corte. A quel punto il violoncello divenne il suo strumento, da esecutore e da insegnante.

Popper era un fine conoscitore della tecnica orchestrale, tant’è che nel suo catalogo troviamo 4 concerti per violoncello e orchestra, un Requiem (per 3 violoncelli soli e orchestra) e vari lavori di più breve respiro. Il brano in programma, della durata di 12 minuti circa, rappresenta una felice incursione nel mondo popolare russo (nello specifico della cosiddetta Piccola Russia, un governatorato zarista che occupava parte d’un territorio dell'odierna Ucraina, con capitale Černigov), con un occhio rivolto in modo scanzonato alla freschezza melodica del motivo scelto e con l’altro concentrato sul fattore tecnico che dinamizza il decorso strutturale. Una serie di variazioni tecnicamente sempre più ardite restituisce al pubblico moderno la brillantezza d’una scrittura che dà la cifra precisa dell’abilità virtuosistica di Popper e costituisce allo stesso tempo un palinsesto accattivante delle possibilità esecutive concesse al violoncello in quell’ultimo squarcio di secolo.

L’essere un’opera di circostanza non ne diminuisce il valore, tant’è che – fungendo quasi da introduzione alla Sonata D. 821 di Schubert – si accumuna ad essa per il relativo disimpegno formale ma anche per il fascino sottile che è in grado di sprigionare. Coeva ai Quartetti D.802 e D.810 (“La morte e la fanciulla”) e dell'Ottetto D.803, la Sonata non sfiora i vertici di queste importanti pagine ma possiede un potere di seduzione, dovuto soprattutto alla felice vena lirica che la infonde, unico e memorabile. Albert Einstein, accennando alla popolarità di questo lavoro, si lamentava nella sua monografia sul musicista viennese di «quanto più popolare sia la musica mondana e facilona di Schubert rispetto a quella veramente grande che non ammette compromessi di alcun genere».

Se la cifra prevalente della Sonata è una soffusa malinconia, la scrittura mira però a valorizzare in egual misura quelle che dovevano essere le risorse espressive dell'arpeggione, uno strumento ibrido tra il violoncello e la chitarra, dotato di sei corde come la chitarra e suonato con l'arco e tra le ginocchia come il violoncello; inventato a Vienna da Johann Georg Stauffer, ebbe una certa diffusione per merito del violoncellista Vincenz Schuster (che pubblicò anche un metodo introduttivo al nuovo strumento e commissionò la Sonata a Schubert) ma nel giro di una decina d'anni scomparve completamente dalla scena musicale, rimanendo un misterioso oggetto da museo, di cui oggi si conservano solo tre esemplari (a Salisburgo, Lipsia e Berlino: quest’ultimo utilizzato per un'incisione discografica della Sonata realizzata da Klaus Storck e Alfons Kontarsky).

Praticamente sinonimo (come argomenta nella prefazione alla Sonata, l’editore Gotthard) di Bogen-guitarre (chitarra ad arco) e guitarre d'amour, questo strumento venne sostituito, quando si pubblicò il lavoro nel 1871, con due trascrizioni della parte, per violino e per violoncello (fra i due sicuramente lo strumento più adatto, per registro e qualità, a sostituire l'arpeggione).

L'Esposizione si apre con il primo tema, in la minore, dal fluente decorso melodico e segnato da una gestualità sospirosa e quasi singhiozzante che contrasta col secondo tema, in do maggiore, dal carattere capriccioso e virtuosistico; lo Sviluppo propone varianti, ripetizioni, polarizzazioni armoniche di piacevole spontaneità che conduce alla Ripresa, ricalco fedele dell'Esposizione, ed alla trasognata coda che imprime alla chiusa del movimento uno spegnersi graduale delle sonorità, prima dei due bruschi accordi conclusivi in fortissimo.

L'Adagio è una distesa e lirica meditazione che, con quattro battute di cadenza del violoncello solo, conduce al rondò finale, vivacemente virtuosistico e di carattere ungherese.

L’atmosfera “da salone” che informa la prima parte del concerto viene interrotta dal trittico (della durata di 13 minuti circa) di Esa-Pekka Salonen che apre la seconda: scritto assecondando l’ossessione del compositore finlandese per le sonorità estreme riceve il titolo da un sonetto di John Donne (1572-1631), scelto ben dopo il completamento del lavoro ma adattissimo a descriverne la furente gestualità. Diverse modalità esecutive sono associabili a ciò che può essere familiare ad un violoncello ma si concretano in contesti così straniati che l’impressione che l’ascoltatore ne trae è quella di un’estrema torsione della materia strumentale: alla fine del vorticare dei vari formanti virtuosistici, quel che rimane è lo scheletro d’una struttura rivestito di nuova sostanza, come se amici familiari venissero incontrati in un luogo inusuale.      

Knock – come ci si può attendere – presenta una successione serrata di pizzicati percussivi d’ogni sorta intralciati dall’uso sempre più pervasivo dell’arco mentre Breathe ha come argomento il respirare, il cantare, il melodiare d’un canto d’altitudine, privo d’ossigeno ma vivo. Shine sfoggia una brillantezza (appunto) esecutiva al limite delle possibilità tecniche, come se l’esecutore esibisse una bravura precaria, suonando seduto sulle montagne russe d’un parco giochi.

L'interesse di Šostakóvič verso la musica da camera avviene principalmente dopo il 1940 e non appartiene agli anni giovanili, che catalogano alcuni aspri pezzi pianistici di tagliente forza ritmica, un Trio, un Quartetto e questa Sonata, l’op.40; all’inizio della sua carriera il compositore si dimostrò infatti assai più sensibile al sinfonismo ed al mondo del teatro musicale. Scritta tra agosto e settembre e presentata il 25 dicembre 1934 nella Malyj Sal Konservatorii a Leningrado, questa Sonata si colloca a breve distanza dal violento attacco subito da Šostakóvič per Una Lady Macbeth del distretto di Mzensk (che aveva debuttato il 22 gennaio 1934) contro le cosiddette tendenze deviazionistiche nell'arte. Attacco molto pesante di cui il compositore accusò il colpo ritrattando pubblicamente le proprie scelte di linguaggio artistico: eppure tracce evidenti di quello stile sono ancora a tratti riscontrabili in questa pagina nella quale si procede da una parte con cautela, cercando punti di riferimento nelle forme del passato e in stilemi ben definiti, e dall’altra giocando su una complessità strutturale che articola tensione e diversità tematica che si distaccano dal più tipico sonatismo di marca romantica, con un processo singolare di “montaggio” delle immagini sonore che porta eterogeneità stilistica a questo lavoro. Nei suoi quattro movimenti – forma sonata, scherzo, tempo lento, rondò – viene rispettata sì la ripartizione formale classica ma questa si ritrova ad essere soltanto un contenitore, un referente storicizzato, entro il quale sono poi le scelte tecniche (inclusi procedimenti di stampo barocco), strumentali (l'impiego di particolari registri), espressive (l'armonia libera e ardita, che sovente sconfina nell'atonalità), a definire un'ambientazione sonora personalissima, in cui si impone soprattutto la vena introspettiva.

Il primo movimento si apre con un malinconico tema dal colore tardoromantico che un costante intrecciarsi delle parti addensa però magmaticamente, destabilizzando di fatto l'ordine antico; è il secondo tema, esposto dal pianoforte, a riportare una sorta di equilibrio lirico che sfocia poi in uno sviluppo innervato da una polifonia di sapore bachiano, con linee che si inseguono, interrotte a tratti dagli accordi ritmati del pianoforte, e che conducono alla ripresa, strutturata sul solo secondo tema – quasi a voler rimarcare un “ordine” di fatto imposto – che trascolora in una meditazione estatica e contemplativa (sul primo tema) che funge da postludio: ed è qui, in questa volontà di ripensare i temi romantici e la logica classica che riconosciamo la vera firma di Šostakóvič.

Lo Scherzo trascinante ed aggressivo che segue, su temi di danza popolare, porta un impulso ritmico e coloristico che si stempera soltanto nel Largo caratterizzato da un’intonazione elegiaca dai toni vagamente lugubri. Nel finale, su un tema di colore settecentesco innervato da manierismi romantici ascrivibili a Chopin e Schubert, il conflitto fra passato e presente diventa ancor più vivace, lasciando già presagire quegli stridenti conflitti stilistici che caratterizzeranno la restante opera di Šostakóvič, fino alle fastose e festose citazioni della sua estrema Quindicesima Sinfonia.

 

Pierpaolo Zurlo

Curiosando

2010

Il 27 gennaio muore lo scrittore Jerome David Salinger, defilato e riservato interprete del disagio esistenziale e dello spirito di ribellione, tipici del passaggio dall’adolescenza alla maturità. Nato a New York da famiglia ebraica di origini lituane, partecipò allo Sbarco in Normandia ed iniziò, dopo la guerra, la propria carriera letteraria, esordendo con il racconto Bananafish sul quotidiano The New Yorker. Rifiutò sempre la concessione dei diritti sulle sue opere, vanamente richiesti dai migliori registi di Hollywood.

1934

Lev Knipper (1898-1974) compone la sua Quarta Sinfonia che prevede una parte corale (sul Poema su un soldato del Komsomol di Viktor Gusev) che entusiasma da subito il pubblico che la trasforma in una canzone popolarissima, col titolo Poljuško Polje (Pianura, mia pianura). La sua melodia diverrà a breve la base di una canzone di Glenn Miller e Jerry Gray, intitolata Russian Patrol o The Red Cavalry March.

1824

La Nona Sinfonia, op.125, di Ludwig van Beethoven viene eseguita in prima assoluta venerdì 7 maggio 1824 al Theater am Kärntnertor di Vienna, con il contralto Caroline Unger e il tenore Anton Haizinger. Il tema del finale, riadattato da Herbert von Karajan, è stato adottato nel 1972 come Inno europeo. Nel 2001 spartito e testo sono stati dichiarati dall’UNESCO Memoria del Mondo, venendo attribuita alla Germania.